Franca Valeri, la signorina snob, icona del cinema e teatro italiano, oggi compie 100 anni.
Un secolo di ironia, genio, comicità, intelligenza arguta. Attrice, autrice, conduttrice radio, personaggio televisivo e regista, una delle artiste più eclettiche e complete. Straordinaria la sua capacità di «creare», letteralmente, le nuove «maschere» del ’900, tragiche e insieme irresistibilmente comiche. Dall’illusione della rinascita dopo gli orrori del fascismo e della guerra, con lo stereotipo dello snobismo che ambiva a superare la durezza di un presente da vivere e reinventare, a tutte quelle altre donne che ha disseminato lungo gli anni 50 nella rincorsa del boom, «intimo» prima ancora che economico e nazionale.
Moderna al cinema, anche in ruoli non da protagonista; spiritosa e sagace negli show tv del sabato sera e bravissima in teatro, conscia che il senso del proprio valore era l’intelligenza e l’umorismo, che non ha mai perso.
Franca Valeri ha concentrato varie tipologie di caratteri femminili consacrandole nei suoi due leggendari personaggi, la Sora Cecioni e la Signorina snob, popolana una, aristocratica l’altra, entrambe argute e pestifere, la sua personale visione delle donne, nella metà del secolo scorso.
Franca Valeri, nome d’arte per Franca Maria Norsa, nasce a Milano il 31 luglio 1920 da una famiglia della borghesia milanese. Il padre, Luigi Norsa, è un ingegnere di religione ebraica mentre la madre, Cecilia Valagotti, è di estrazione cattolica. Studia al Liceo Parini di Milano e frequenta fin da bambina spettacoli operistici e di prosa. Proprio in questi anni sviluppa un talento naturale per la caratterizzazione, sicuramente frutto di un’intelligenza fuori dal comune ma anche di una capacità d’osservazione sempre pronta a cogliere e dissacrare debolezze, ipocrisie, mode e costumi borghesi. Franca ha una vita felice fin quando arrivano le leggi razziali e il successivo armistizio del ’43. La famiglia è costretta a separarsi: il padre e il fratello riescono a trovare rifugio in Svizzera, mentre lei rimane con la madre, si rifugiano nella campagna lombarda. Riesce a sopravvivere per miracolo alle deportazioni grazie a una carta d’identità falsa che la fa diventare figlia di Cecilia Pernetta di Pavia. Sono anni di clandestinità trascorsi tra la Brianza e la provincia di Lecco, anni fatti anche di letture infinite che la tenevano, in qualche modo, al riparo dalle brutture della guerra. Divora i classici della letteratura e del teatro francese, di cui è sempre stata affascinata. Al termine della guerra il lieto fine: la famiglia viene riunita e per Franca è finalmente il momento di godersi la libertà in quell’euforia del secondo dopo guerra dove tutto appare possibile.
Prova a entrare all’Accademia nazionale d’arte drammatica di Roma, ma viene bocciata all’esame di ammissione. Suo padre, contrario al fatto che lei vuole diventare un’attrice, le vieta di usare il cognome di famiglia, Franca decide allora di chiamarsi Valeri, come omaggio a Paul Valéry. Esordisce con la compagnia dei Gobbi nel 1949 portando in tournée a Parigi insieme a Vittorio Caprioli (suo futuro marito) e Alberto Bonucci spettacoli basati su improvvisazione e satira, senza alcun supporto scenico o costume teatrale, suscitando la reazione entusiasta del pubblico parigino.
I primi passi artistici sono teatrali ma sarà la radio a regalarle la fama. Tra il ’49 e il ’50 esplode il fenomeno Franca Valeri grazie al famosissimo sketch della “Signorina snob”, poi ripreso a teatro e in televisione e diventato anche il suo soprannome.
Gli anni ’50 e ’60 segnano le tappe principali della sua carriera cinematografica. Debutta con Fellini e Lattuada, recita a fianco di De Filippo. Le più importanti figure di riferimento per Franca Valeri sono state Alberto Sordi e Vittorio de Sica. Un altro mostro sacro con cui ha collaborato è stato Totò.
Il suo look è rimasto lo stesso per tutta la sua vita rendendola assolutamente unica e riconoscibile: taglio corto di capelli, occhiali, un giro di perle, un filo di trucco, scarpe basse e un eleganza discreta ma impeccabile, molto milanese.
Sul piccolo schermo, Franca Valeri si afferma negli anni ’60 come personaggio di spicco del varietà televisivo all’italiana (Studio uno, Sabato sera, Le divine) dove si alterna a personaggi del calibro di Mina, Sordi, Bice Valori, le Gemelle Kessler.
Si prende il palcoscenico e un po’ come a teatro, non ha bisogno di alcun supporto: le basta un telefono, il suo genio, il suo modo di usare le pause e la caratterizzazione della “Sora Cecioni”, il suo personaggio più famoso, una popolana romana sempre al telefono con “mammà”. Con egregia disinvoltura maneggia insieme telefono e tv, scoprendone in grande anticipo il lato «salvifico», penoso quanto esilarante, in una quotidianità ricalcata su fotoromanzi, tg orecchiati, e confusi ricordi di un’infanzia collettiva.
Prende parte a diversi sceneggiati televisivi negli anni ‘70, alcune serie televisive e spot pubblicitari degli anni ’80-’90 continuando a essere ospite molto richiesta per le maggiori trasmissioni televisive fino a pochi anni fa. Ha anche scritto numerosi libri (Il diario della signorina snob; Tragedie da ridere; Bugiarda no, reticente; Donne e altri).
Dopo essere stata sposata con l’attore e regista Vittorio Caprioli dal 1960 fino al divorzio nel 1974, si lega in seconde nozze con il direttore d’orchestra Maurizio Rinaldi, venuto a mancare nel 1995. Insieme al secondo marito, fonderà nel 1980 il concorso lirico dedicato al baritono Mattia Battistini. In una di queste edizioni, una giovanissima Stefania Bonfadelli farà talmente breccia nel suo cuore da diventare sua figlia adottiva. Durante la sua interminabile carriera Franca Valeri ha curato anche diverse regie d’opera nel corso degli anni ’80 e primi ‘90.
Non ha smesso di girare per l’Italia portando i suoi spettacoli a teatro fino al 2015. Negli ultimi anni l’età avanzata e la malattia (un tremore ereditario, confuso col Parkinson) l’hanno costretta a interrompere la sua attività teatrale. Numerosi i riconoscimenti tra lauree ad honorem, di recente il premio Ubu alla carriera.
Franca Valeri è stata un’osservatrice critica e arguta che non si è mai presa troppo sul serio. Ha avuto la fortuna e la capacità, di appassionare i pubblici più disparati, da quelli intellettuali a quelli più popolari. Ha dato corpo e parola a debolezze, orrori, ridicolaggini che attraversano la vita di tutte e tutti. Ha sempre detto tutto quello che voleva, a volte anche straparlando, come nel caso del movimento del MeToo. Del resto non è mai stata femminista e non ha mai preso parte a questi percorsi di lotta privilegiando il suo lavoro che l’ha assorbita totalmente per tutta la sua lunga vita.
Premiata «alla carriera» qualche anno fa alle Maschere d’oro per il teatro, ha ritirato con un sorriso di circostanza il premio dalle mani di Gianni Letta. Poi ha afferrato il microfono, è andata a proscenio, e ha pronunciato una invettiva memorabile contro l’abbandono e lo scarso amore per la cultura (e il teatro in particolare) da parte delle autorità che dovrebbero essere competenti. Indimenticabile, e insuperata.
Ho amato il teatro più di ogni cosa. L’ho sempre immaginato come un uomo affascinante e esigente. Ho amato anche degli uomini naturalmente ma non avrei lasciato il teatro e il mio mestiere per nessun uomo al mondo. Quando si apre il sipario si apre un orizzonte che esclude tutti gli altri. Mi pesa non poter recitare, mi pesa non poter essere più indipendente. Mi pesa non faticare più.
Auguri per i tuoi primi cento anni, incredibile Franca Valeri!
#unadonnalgiorno