Hoda Abdel Moneim è un’avvocata egiziana detenuta dal 1 novembre 2018.
È accusata di aver difeso attivisti dei diritti umani, spesso giovani e addirittura minorenni, colleghi e giornalisti, categorie oramai sotto il tiro del regime che per anni s’è sfogato con gli oppositori. Hoda ha un’altra colpa: essere la moglie d’un collaboratore del deposto presidente Morsi, anche per questo è finita nella retata lanciata con zelo dagli apparati della “sicurezza” contro i familiari di membri della Fratellanza Musulmana fino ad allora risparmiati dalla repressione.
Ovviamente dietro input del ministro dell’Interno Ghaffar, il mandante col generale Sisi dell’omicidio di Giulio Regeni e di Patrick Zaki prigioniero in Egitto dal 7 febbraio 2020 per dei post scritti su Facebook contro il regime.
Hoda Abdel Moneim è una legale battagliera e coraggiosa che la mattina del 1° novembre è stata prelevata dalla sua casa a Nasr City, sobborgo del Cairo, da una squadra di mukhabarat. Per settimane è stata tenuta in luoghi segreti prima di comparire in tribunale e poter avere un incontro con i familiari. La polizia non ha concesso informazioni neppure a Human Rights Watch, che coi suoi avvocati aveva chiesto i motivi delle retate che fra la fine di ottobre e i primi di novembre 2018 avevano provocato il fermo e la sparizione di un’ottantina di persone.
L’ong internazionale, tramite suoi canali, aveva constatato il prelevamento certo di quaranta persone, di alcune delle quali,non si sa neanche il nome. Sono attivisti, avvocati e familiari di esponenti della Fratellanza Musulmana.
Essere anche solo conoscente di qualche militante della Brotherhood diventa un pericolo. Ma la stessa vita quotidiana, i momenti privati, gli incontri, i convivi, seppure svolti in luogo appartato, vengono perseguitati cosicché chi li vive desista definitivamente da frequentare gente e posti. Denunce di avvenimenti come quello descritto ad alcuni volontari che monitorano la violazione dei diritti dell’uomo sono ricorrenti e inascoltate.
Il Coordinamento egiziano per i diritti e le libertà (ECFR) ha annunciato la sospensione del suo lavoro sui diritti umani in Egitto, in segno di protesta contro le violazioni e gli abusi dei suoi membri. Ha descritto l’Egitto come “inappropriato per l’esercizio di qualsiasi lavoro sui diritti umani”.
Sotto Mubarak le autorità egiziane non arrestavano le donne, soprattutto nei casi politici. Ma sotto il regime di al-Sisi, dozzine di donne sono state sistematicamente detenute e alcune riferiscono di essere state brutalmente torturate.
La cultura e le usanze egiziane considerano l’arresto e il pestaggio delle donne una vergogna e l’arresto e detenzione dell’avvocata ha provocato forte indignazione, anche se di fatto, sono passati due anni ma nulla è cambiato per lei che è ancora detenuta.
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