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Hedwig Dohm

Hedwig Dohm

Hedwig Dohm, scrittrice femminista tedesca è stata la prima intellettuale a parlare di gender.

Tra le prime, nel 1873, a chiedere il diritto di voto per le donne, fondando e partecipando a numerose associazioni, per la rivendicazione del suffragio femminile.

Nata col nome di Marianne Adelaide Hedwig Schlesinger a Berlino, il 20 settembre 1831, in una famiglia di origini ebraiche era la terza di diciotto figlie. Il padre, Gustav Adolph Gotthold Schlesinger, produttore di tabacco, non poté però sposare la madre Wilhelmine Henriette Jülich, in quanto figlia illegittima, fino al 1838. L’uomo si convertì al protestantesimo nel 1817 e nel 1851 mutò il proprio cognome in Schleh. A lei e alle sue sorelle ragazze venne consentita un’istruzione estremamente limitata, a differenza dei fratelli che poterono continuare gli studi. Ma Hedwig, spirito libero e rivoluzionario, leggeva in segreto tutto quello che le capitava tra le mani, formandosi da autodidatta.

Data la sua infanzia, le sue rivendicazioni si concentrarono prevalentemente sulla parità di istruzione per le donne e sui loro diritti politici, come quello di voto.

Nel 1853 sposò Ernst Dohm, redattore della rivista satirica Kladderadatsch con cui ebbe cinque figli e figlie che ricevettero tutte una solida educazione e formazione professionale. La loro casa divenne un prestigioso salotto attraversato dai più importanti personaggi intellettuali berlinesi dell’epoca.

Nel 1867, dopo un viaggio in Spagna con la famiglia, divulgò la sua prima opera dal titolo La letteratura nazionale spagnola nel suo sviluppo storico.

Convinta che non era necessario per una donna finire nella gabbia delle aspettative sociali, l’unico elemento che garantiva la parità di ruoli tra uomo e donna era l’indipendenza economica.
Su questi temi tra il 1872 e il 1879 ha scritto quattro saggi femministi talmente rivoluzionari da farle valere una fama immediata ma anche feroci critiche, non solo dagli ambienti conservatori, ma anche dalle file del movimento femminile dell’epoca.
Le sue teorie apparivano troppo radicali, perché concentrate sulla domanda di una migliore educazione e assistenza per le donne in maggiore fragilità sociale, come  madri single o affette da handicap o ritardi.
Nell’opera “L’emancipazione scientifica delle donne”, del 1874, parla di pari dignità umana per le donne criticando e svilendo le teorie “medico-scientifiche” dell’epoca sulla naturale inferiorità della donna.
Sulla fine degli anni Settanta dell’Ottocento ha pubblicato parecchie commedie, messe in scena con grande successo nel Teatro Reale di Berlino.
Nel 1876 ha ristampato saggi e articoli socio-politici in un volume dal titolo “La natura delle donne e del diritto. La questione femminile. Due trattati di proprietà e il suffragio femminile”.

Dopo la morte del marito, avvenuta nel 1883, si è dedicata a scrivere romanzi e racconti brevi.

Quando l’ala radicale del movimento femminista si rafforzò, tornò a pubblicare riflessioni politiche in giornali e riviste e non ha smesso fino alla fine dei suoi giorni.

Tra la fine dell’Ottocento e i primi anni del Novecento è stata una figura di primo piano nelle associazioni e nella vita sociale e culturale tedesca.

È stata cofondatrice di diverse organizzazioni come l’Associazione Donne della Riforma (successivamente Associazione dell’Educazione Femminile e degli Studi delle Donne), che promuoveva la riforma del sistema educativo.

Nel 1889 si unì alla Società del Bene Femminile e all’età di 74 anni prese parte alla riunione inaugurale dell’Associazione per la maternità e la riforma sessuale di Helene Stöckers.
Nel 1904 è diventata Presidente onoraria della Fondazione della DVF – Associazione tedesca per il suffragio femminile che si batteva, tra le altre cose, per il diritto al congedo di maternità.

Allo scoppio della Prima Guerra Mondiale è stata tra i pochi e poche intellettuali a prendere una posizione netta contro la guerra, definendosi pacifista intransigente e supportando la sua posizione con articoli che scriveva, per lo più, sulla rivista L’Azione e nel suo il saggio L’abuso della Morte del 1915.

Ha vissuto abbastanza per vedere riconosciuto il diritto di voto alle donne in Germania nel 1918, è morta poco dopo, il 1° giugno 1919 a Berlino, aveva 88 anni.
Nel 2007 la Federazione dei Giornalisti le ha dedicato un memoriale.
#unadonnalgiorno

 

 

 

 

 

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