Dissentire è umano.
Gita Sahgal è una scrittrice, giornalista, regista e attivista per i diritti umani indiana. Tutto il suo lavoro si basa su temi come femminismo, lotta al fondamentalismo e al razzismo.
Nata a Mumbai, nel 1957, è figlia della celebre romanziera Nayantara Sahgal e pronipote dell’ex primo ministro Jawaharlal Nehru.
Laureata alla School of Oriental and African Studies di Londra, ha vissuto tra Inghilterra e India.
Nel 1979 ha co-fondato la Southall Black Sisters e dieci anni dopo contribuito a creare l’organizzazione Donne contro il fondamentalismo.
È direttrice esecutiva del Center for Secular Space e socia onoraria della National Secular Society.
Libera pensatrice, non ha mai temuto di sfidare i poteri forti, ha criticato apertamente la Gran Bretagna per le leggi sulla blasfemia e per aver protetto soltanto il cristianesimo a discapito delle religioni delle persone immigrate, contribuendo alla ghettizzazione e alla conseguente svolta verso il fondamentalismo religioso.
Si è molto spesa contro lo stupro nei conflitti etnici, usato per sconvolgere le società colonizzate e aumentare il numero della popolazione discendente dalle etnie conquistatrici.
Si è anche pronunciata in merito all’aumento della prostituzione e degli abusi sessuali associati alle forze di intervento umanitario osservando, nel 2004, che “il problema con le Nazioni Unite è che le operazioni di mantenimento della pace sembrano fare la stessa cosa che fanno gli altri militari. Sostenendo, a voce alta, che anche coloro che dovrebbero sorvegliare le violazioni dei diritti umani dovrebbero essere tenuti sotto controllo.
Contraria all’invasione dell’Iraq da parte degli Stati Uniti e degli alleati, ha condannato la detenzione extragiudiziale e la tortura di uomini musulmani a Guantanamo.
Tra i suoi vari scritti, nel 1992, ha curato, insieme a Nira Yuval-Davis, il volume Refusing Holy Orders: Women and Fundamentalism in Britain.
Nel 2002 ha prodotto Tying the Knot film commissionato dalla Commissione del Ministero degli Affari Esteri e del Commonwealth, istituita per gestire il problema delle vittime di matrimoni forzati di donne condotte dall’estero in Gran Bretagna per sposarsi contro la loro volontà.
Ha realizzato il documentario Unprovoked, sul caso di Ahluwalia Kiranjit, una donna punjabi che era stata portata nel Regno Unito per un matrimonio combinato, ripetutamente abusata dal marito che ha ucciso, dandogli fuoco mentre era ubriaco e addormentato.
Ha prodotto il film The War Crimes File, sulle atrocità commesse durante la guerra di liberazione del Bangladesh del 1971.
È stata a capo dell’unità di genere di Amnesty International fino al 2010, quando, sul Sunday Times, ha pubblicamente criticato l’organizzazione umanitaria per il suo legame con Moazzam Begg, direttore di Cageprisoners, che rappresentava gli uomini in detenzione extragiudiziale.
“Come ex detenuto di Guantanamo, era legittimo ascoltare le sue esperienze, ma come sostenitore dei talebani era assolutamente sbagliato legittimarlo come partner“, ha sostenuto, dicendo di aver ripetutamente sollevato la questione con Amnesty per due anni, senza alcun risultato.
È stata sospesa dal suo incarico, ma la controversia ha suscitato risposte da parte di vari politici e giornalisti che l’hanno sostenuta, così come lo scrittore Salman Rushdie.
Gita Sahgal, continua inarrestabile il suo lavoro in difesa delle donne e delle parti più deboli della società, non ha peli sulla lingua e non ha paura di metterci la faccia e subire le conseguenze delle sue opinioni.
#unadonnalgiorno