Gisèle Halimi, una vita per i diritti civili, dalle battaglie su aborto e stupro alle lotte in Parlamento. È stata una delle prime avvocate in Francia, la più famosa. Il suo nome è legato a tante battaglie femministe.
Non c’era appello, mobilitazione femminista che non la vedesse impegnata. Instancabile ribelle, ha combattuto tutta la vita per migliorare il destino delle donne.
Nata come Zeiza Taïeb nel 1927 a Tunisi, crebbe in una famiglia modesta e conservatrice, madre sefardita e padre berbero che avrebbe desiderato un figlio maschio al posto suo. Le prime ribellioni sono avvenute all’interno della sua stessa famiglia. Il primo sciopero della fame lo aveva organizzato a 10 anni per reclamare il suo diritto alla lettura, il secondo a 13 per non dover più servire i suoi fratelli. Quando i genitori – dopo tre giorni – cedettero, scrisse sul suo diario “Oggi ho vinto il mio primo piccolo pezzo di libertà“.
Dopo il diploma, unica della famiglia ad eccellere negli studi, rifiutò un matrimonio combinato con un commerciante di petrolio e riuscì a partire per la Francia con una borsa di studio: si iscrisse alla facoltà di legge lavorando come centralinista per sostenersi. È diventata avvocata nel 1949. Ha preso il cognome Halimi dal suo primo marito.
Nel 1956, trasferitasi definitivamente a Parigi ha continuato a sostenere l’indipendenza del suo paese e appoggiato i membri del Fronte di Liberazione Nazionale Algerino perseguitati dalla giustizia francese. Ha denunciato le torture praticate dall’esercito. È riuscita a contestare le false autopsie di un medico su prigionieri politici. È stata arrestata e detenuta brevemente, ha subito molte minacce di morte.
Nel 1960, saputo che una donna algerina di 22 anni, Djamila Boupacha, accusata di aver innescato una bomba, era stata arrestata, torturata e violentata dai soldati francesi, decise di difenderla dando il via a una lunga causa sostenuta pubblicamente da Simone de Beauvoir, Jean-Paul Sartre, Pablo Picasso e altri intellettuali.
Insieme a Simone de Beauvoir, Gisèle Halimi ha scritto un libro, I carnefici, in cui si denunciavano i soprusi delle truppe francesi che riducevano le donne algerine imprigionate nei campi di detenzione a schiave sessuali per soldati e ufficiali. Sulla copertina del libro c’è un ritratto di Djamila realizzato da Picasso. Gli sforzi dell’avvocata e l’eco mediatica sulla vicenda salvarono la ragazza che ricevette l’amnistia nel 1962. Ancora con Simone de Beauvoir e Jane Rostand, ha fondato Choisir la cause des femmes, movimento femminista che si occupava di educazione sessuale sostenendo l’aborto libero.
Nel 1971 è stata l’unica avvocata firmataria del manifesto delle 343 donne che avevano dichiarato sul Nouvel Observateur di aver abortito, sfidando il divieto di allora.
Nel 1972 ha difeso Marie-Claire Chevalier, minorenne processata per aver abortito in seguito a uno stupro. Anche in questo caso riuscì a mobilitare l’opinione pubblica, aprendo la strada alla depenalizzazione dell’aborto con la legge Veil approvata qualche anno dopo.
Venne ribattezzata dai suoi avversari come “avvocata irrispettosa”, etichetta che ha rivendicato facendone il titolo della sua autobiografia pubblicata nel 2002.
L’ingiustizia mi è fisicamente intollerabile, diceva spesso.
Un altro processo emblematico fu quello del 1978 a Aix-en-Provence nel quale rappresentò due donne violentate da tre uomini, contribuendo all’adozione di una nuova legge che riconosceva lo stupro come un crimine.
Eletta deputata con il partito socialista nel 1981, ha continuato le sue battaglie in Parlamento, in particolare per il rimborso dell’interruzione volontaria di gravidanza votata finalmente nel 1982.
È stata autrice della legge che abroga la distinzione discriminatoria della maggiore età per i rapporti omosessuali.
Dal 1985 ha ricoperto diversi incarichi per l’ UNESCO (ambasciatrice francese) e le Nazioni Unite (consigliera speciale della delegazione francese all’Assemblea Generale, relatrice per la parità di genere nella politica).
Ha fatto parte della commissione d’inchiesta del tribunale Russell sui crimini di guerra degli Stati Uniti in Vietnam nel 2009.
Autrice anche di alcuni romanzi, le sue lotte sono state riprese in vari film, tra cui Le Procès de Bobigny (2006) con Anouk Grinberg e Le Viol (2017) con Clotilde Courau.
È morta il 19 luglio 2020 a Parigi, il giorno dopo aver compiuto 93 anni. Con lei si chiude un pezzo di storia (fatta di femminismo e anticolonialismo) che non verrà mai dimenticato.
Gisèle Halimi, combattente nata, nel corso di tutta la sua straordinaria vita, ha lottato come avvocata e attivista per i diritti e la libertà.
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