Portavo messaggi alle brigate, nascondendoli nelle scarpe o fra le trecce dei capelli. Se avevo paura? Certo, i boschi pullulavano di tedeschi, ma sentivo di doverlo fare.
Flora Monti è stata la più giovane staffetta partigiana della Resistenza Italiana. Aveva solo dodici anni e si era fermata alla seconda elementare, quando ha scelto di schierarsi contro il nazifascismo, consegnando segretamente messaggi alle varie cellule sparse nella zona dell’Appennino Tosco Emiliano.
Pochi giorni dopo l’Armistizio suo padre si era ritrovato nell’aia una ventina di ragazzi fuggiti dal distretto militare di Bologna che indossavano ancora la divisa. Dopo averli accolti e rivestiti, si sono dispersi nella montagna e hanno formato la 66ma Brigata Garibaldi Jacchia, la prima della zona.
La famiglia aveva anche ospitato e salvato due soldati inglesi e un americano, tanto da ricevere, a guerra finita, i ringraziamenti epistolari di Winston Churchill in persona.
Nel 1944, con l’intervento degli alleati americani, la sua famiglia venne fatta sfollare con un viaggio terribile su treni merci e stipati come sardine, in quello che era il campo profughi più grande d’Italia, Cinecittà, dove sono rimasti per sette mesi.
Quando rientrarono la loro casa era distrutta, ma tutte e tutti erano di nuovo insieme, compresi i fratelli arruolati.
Dopo il matrimonio si è trasferita a Bologna dove ha lavorato nella bottega del marito, sfrecciando a bordo di una lambretta per fare le consegne.
Fiera delle medaglie ricevute, è una delle ultime testimoni di quella lotta per la libertà in nome della quale, con coraggio, ha scelto di fare la sua parte.