Dorothy Arzner è stata la prima donna ad affermarsi come regista a Hollywood.
In un mondo a totale appannaggio maschile, ha precorso i tempi mettendo in scena storie di donne libere e indipendenti.
Ha lanciato attrici come Katherine Hepburn e Lucille Ball e avuto tra i suoi allievi Francis Ford Coppola. È stata la prima donna a far parte della Director’s Guide Association.
In 24 anni di carriera ha diretto venti film e dato vita a oltre cento pellicole come montatrice.
Nata a San Francisco il 3 gennaio 1897, dopo il terremoto del 1906, con la sua famiglia si trasferì a Los Angeles, dove entrò presto a contatto con il mondo dello spettacolo. Suo padre aveva un ristorante frequentato dalle star del cinema muto.
Da ragazzina sognava di diventare medica e si iscrisse alla facoltà di medicina alla Southern California University, ma durante la prima guerra mondiale lasciò gli studi per impegnarsi come ausiliaria sul fronte francese, alla guida delle ambulanze.
Ben presto si fece notare per il suo grande talento artistico e sei mesi dopo era già addetta al montaggio, campo in cui divenne la più richiesta. Brava, fantasiosa e audace, tecnicamente perfetta, venne notata dal regista James Cruz che la volle come suo braccio destro.
Determinata e capace, ha dovuto sgomitare e ingoiare rospi prima di vedersi affidata una sua regia. Il suo primo film Fashions for Women, del 1927, fu un tale successo che le chiesero di lavorare ad altre tre pellicole nello stesso anno.
Dopo anni di film muti è diventata la prima donna a dirigere un film sonoro, L’Allegra Brigata con Clara Bow. La storia di una donna che sceglie di non essere più succube del marito e ricercare la sua indipendenza.
È stato in quella circostanza che Dorothy Arzner inventò il boom, il microfono con l’asta fuori dall’inquadratura, che aveva appeso a una canna da pesca per mettere a proprio agio l’attrice protagonista.
Da sempre considerata una regista femminista, è ha raccontato storie di donne che altrimenti difficilmente avrebbero avuto voce; storie vere, reali in film popolari, sempre sotto la supervisione della censura, particolarmente attenta al lavoro dell’unica regista donna e anche dichiaratamente lesbica.
In Falena d’Argento, del 1933, che ha visto il primo importante ruolo da protagonista di Katherine Hepburn, il punto di vista è quello di una donna libera e indipendente che infrange gli stereotipi, un’aviatrice che ha una relazione con un uomo sposato. Uno dei rari casi in cui il cinema dell’epoca raccontava la sessualità femminile.
Fra i suoi film più iconici Working Girls e Balla, ragazza balla.
Le sue protagoniste non sono mai una contro l’altra, sovvertono la narrativa delle donne rivali e sono capaci di creare una comunità femminile. Le donne non sono più oggetto del piacere maschile ma soggetti che rivendicano espressione personale e indipendenza economica.
I suoi personaggi femminili non sono mai figure di contorno ma protagoniste della narrazione, collocate in un contesto storico e sociale preciso che dà loro spessore e realismo. Le inserisce in situazioni che le permettono di affrontare le tematiche più controverse di quegli anni: relazioni extraconiugali, libertà sessuale, prostituzione, desiderio di indipendenza economica. Le sue donne cercano il modo di affrancarsi, non vogliono più essere proprietà di un uomo ma padrone di se stesse.
Dorothy Arzner è stato un membro del Sewing Circle di Hollywood, gruppo riservato a sole donne lesbiche, di cui facevano parte anche Greta Garbo, Barbara Stanwyck e Marlene Dietrich. Un luogo di incontro privilegiato in una società che considerava le persone omosessuali sovversive, elementi pericolosi per lo status quo. Uno stile di vita illegale, che andava contro le leggi dell’epoca sulla sodomia.
Nel 1943 la regista si è ritirata dalle scene hollywoodiane. Forse per contrasti interni, forse per un sessismo inesauribile con cui doveva fare i conti tutti i giorni o forse a causa della censura che limitava fortemente l’espressione cinematografica con un codice morale rigidissimo.
Motivo per cui tenne sempre privata la sua vita personale, pur non nascondendo mai il suo orientamento sessuale e scegliendo uno stile decisamente non convenzionale per le donne dell’epoca, con i capelli corti e le cravatte da uomo su completi dal taglio rigoroso. Per oltre 40 anni, ebbe una relazione con la ballerina e coreografa Marion Morgan.
Il suo ultimo film è stato Sacrificio supremo, una pellicola sulle atrocità della guerra.
Pur lasciando Hollywood, si dedicò a realizzare film didattici per il Women’s Army Corps, ha prodotto il programma radiofonico You Were Meant to Be a Star, ha lavorato nel teatro e nella pubblicità girando anche degli spot per la Pepsi, 3e ha insegnato regia.
Negli ultimi anni si è ritirata a La Quinta, in California, dove si è spenta il primo ottobre 1979.
Non ha mai ricevuto un premio, nonostante i suoi molti primati.
Riscoperta dalla critica femminista negli anni 70, nel 1986 le è stata dedicata una stella sulla Hollywood Walk of Fame.
Significative sono state le parole che le ha dedicato Francis Ford Coppola: “Era un po’ austera, ma aveva il cuore grande come il mondo, ogni volta che veniva a lezione, portava sempre scatole di biscotti e cracker perché sapeva che stavamo morendo di fame e non avevamo soldi”.
Pioniera e apripista, molte e molti le sono debitori per il suo lavoro avanguardista.
#unadonnalgiorno
Tutto sembrò finire nel 1943 quando la regista si ritirò dalle scene hollywoodiane. Forse per contrasti interni, forse per un sessismo inesauribile con cui doveva fare i conti tutti i giorni o forse a causa dei continui rimaneggiamenti imposti dal Codice Hays che dal 1930 limitava fortemente l’espressione cinematografica con un codice morale rigidissimo. Lei, regista lesbica, se ne sentiva schiacciata. Motivo per cui tenne sempre privatissima la sua vita privata, pur non nascondendo mai il suo orientamento sessuale e scegliendo uno stile decisamente non convenzionale per le donne dell’epoca, con i capelli corti e le cravatte da uomo su completi dal taglio rigoroso. Durò oltre 40 anni, lontano dalla scene, la relazione con la ballerina e coreografa Marion Morgan.
Pur chiudendo la porta a Hollywood tuttavia non lasciò il cinema. Si dedicò a realizzare film didattici per il Women’s Army Corps, poi produsse il programma radiofonico You Were Meant to Be a Star, si impegnò nel teatro e nella pubblicità girando alcuni spot per Pepsi, infine si diede all’insegnamento. Solo negli ultimi anni lasciò scene e cattedre per ritirarsi a La Quinta, in California, dove si spense nel 1979. Non ha mai ricevuto un premio, nonostante i suoi molti primati. Pioniera e apripista, in molti le sono debitori, eppure solo negli anni 70 la critica femminista l’ha riscoperta e nel 1986 le è stata dedicata una stella sulla Hollywood Walk of Fame.
Tutto sembrò finire nel 1943 quando la regista si ritirò dalle scene hollywoodiane. Forse per contrasti interni, forse per un sessismo inesauribile con cui doveva fare i conti tutti i giorni o forse a causa dei continui rimaneggiamenti imposti dal Codice Hays che dal 1930 limitava fortemente l’espressione cinematografica con un codice morale rigidissimo. Lei, regista lesbica, se ne sentiva schiacciata. Motivo per cui tenne sempre privatissima la sua vita privata, pur non nascondendo mai il suo orientamento sessuale e scegliendo uno stile decisamente non convenzionale per le donne dell’epoca, con i capelli corti e le cravatte da uomo su completi dal taglio rigoroso. Durò oltre 40 anni, lontano dalla scene, la relazione con la ballerina e coreografa Marion Morgan.
Pur chiudendo la porta a Hollywood tuttavia non lasciò il cinema. Si dedicò a realizzare film didattici per il Women’s Army Corps, poi produsse il programma radiofonico You Were Meant to Be a Star, si impegnò nel teatro e nella pubblicità girando alcuni spot per Pepsi, infine si diede all’insegnamento. Solo negli ultimi anni lasciò scene e cattedre per ritirarsi a La Quinta, in California, dove si spense nel 1979. Non ha mai ricevuto un premio, nonostante i suoi molti primati. Pioniera e apripista, in molti le sono debitori, eppure solo negli anni 70 la critica femminista l’ha riscoperta e nel 1986 le è stata dedicata una stella sulla Hollywood Walk of Fame.
Tutto sembrò finire nel 1943 quando la regista si ritirò dalle scene hollywoodiane. Forse per contrasti interni, forse per un sessismo inesauribile con cui doveva fare i conti tutti i giorni o forse a causa dei continui rimaneggiamenti imposti dal Codice Hays che dal 1930 limitava fortemente l’espressione cinematografica con un codice morale rigidissimo. Lei, regista lesbica, se ne sentiva schiacciata. Motivo per cui tenne sempre privatissima la sua vita privata, pur non nascondendo mai il suo orientamento sessuale e scegliendo uno stile decisamente non convenzionale per le donne dell’epoca, con i capelli corti e le cravatte da uomo su completi dal taglio rigoroso. Durò oltre 40 anni, lontano dalla scene, la relazione con la ballerina e coreografa Marion Morgan.
Pur chiudendo la porta a Hollywood tuttavia non lasciò il cinema. Si dedicò a realizzare film didattici per il Women’s Army Corps, poi produsse il programma radiofonico You Were Meant to Be a Star, si impegnò nel teatro e nella pubblicità girando alcuni spot per Pepsi, infine si diede all’insegnamento. Solo negli ultimi anni lasciò scene e cattedre per ritirarsi a La Quinta, in California, dove si spense nel 1979. Non ha mai ricevuto un premio, nonostante i suoi molti primati. Pioniera e apripista, in molti le sono debitori, eppure solo negli anni 70 la critica femminista l’ha riscoperta e nel 1986 le è stata dedicata una stella sulla Hollywood Walk of Fame.