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Dana Lauriola attivista in prigione per aver manifestato il suo dissenso

Dana Lauriola attivista No TAV in carcere per manifestazione pacifica

La donna di oggi è l’attivista e portavoce del movimento No Tav Dana Lauriola, arrestata lo scorso 17 settembre. Non siamo in Iran, non siamo in un paese in cui si lotta per la libertà di espressione, siamo nella democratica Italia, nell’anno 2020. Questa donna è stata portata nel carcere “Le Vallette” di Torino per scontare una pena detentiva di due anni perché ha gridato le motivazioni del No al Tav in un megafono. Non ha picchiato, non ha rubato, non ha scassinato, si è limitata a spiegare agli astanti le motivazioni della dimostrazione pacifica che stavano compiendo. Questa è la sua colpa.

No TAV è un movimento di protesta italiano sorto nei primi anni novanta del XX secolo, che critica la realizzazione di infrastrutture per l’alta capacità e l’alta velocità ferroviaria (comunemente note come TAV, “Treno ad Alta Velocità”), prese come simbolo e esempio di una gestione ritenuta inadeguata dei beni comuni, della spesa pubblica, del territorio e della politica.

Le linee ferroviarie al centro delle proteste sono contestate principalmente per via del costo ritenuto eccessivo rispetto alla loro utilità, anche a fronte dell’impatto ambientale e dei danni sulla salute umana nei luoghi coinvolti dalle costruzioni.

Movimenti simili, ma con nomi diversi si sono diffusi in alcuni stati europei, nelle regioni di confine con l’Italia alcuni movimenti hanno anche adottato la stessa sigla “No TAV” e i simboli connessi.

Dana Lauriola, 38 anni, oltre a fare parte del Movimento No TAV è impegnata da vari anni nel sociale, è coordinatrice del reinserimento nella Residenza Marsigli di Torino, gestita dalla cooperativa Aeris, che accoglie persone senza fissa dimora in convenzione con il Comune di Torino.

Ha avuto una condanna definitiva per “violenza privata” e “interruzione aggravata di servizio di pubblica necessità” per l’azione dimostrativa pacifica del 3 marzo 2012 sull’autostrada Torino-Bardonecchia, all’altezza del casello di Avigliana, a cui parteciparono circa 300 attivisti del movimento No Tav. Nel corso della protesta, durata in tutto 20 minuti, qualcuno bloccò l’accesso con il nastro adesivo ad alcuni tornelli del casello consentendo il passaggio alle automobili senza pagare il pedaggio, mentre altri e altre esponevano striscioni e bandiere. Nel contempo, Dana Lauriola usava il megafono per spiegare le ragioni della manifestazione ai passanti e indirizzare le macchine in transito.

Nel giugno del 2019, sette anni dopo i fatti contestati, la Cassazione ha confermato la durissima pena di due anni di carcere, per reati la cui pena minima prevista dal Codice penale sono 15 giorni.

La difesa aveva proposto una misura alternativa al carcere con un’attività da svolgere nel sociale con la cooperativa con la quale Dana Lauriola già lavorava. Ma non c’è stato niente da fare, lo scorso 14 settembre 2020 il Tribunale di sorveglianza di Torino ha rifiutato tutte le misure di custodia alternative e dato quindi il via libera all’arresto dell’attivista.
Pur riconoscendo che Dana Lauriola svolgeva attività lavorativa e non rappresentava alcuna pericolosità sociale, nella condanna si è sostenuta la necessità dell’arresto per il mancato “pentimento” in riferimento al suo attivismo e si menziona la sua scelta di risiedere a Bussoleno, luogo che la esporrebbe al “concreto rischio di frequentazione dei soggetti coinvolti in tale ideologia (No Tav)” e dove “potrebbe proseguire la propria attività di proselitismo e di militanza ideologica“.

In breve, lei viene punita perché crede nelle sue proteste, non si è pentita e continua a frequentare i suoi compagni e compagne, senza rinnegarli. 

Le azioni organizzate dal movimento No Tav nel mese di marzo 2012 si iscrivono in una più ampia mobilitazione della Valsusa che aveva per oggetto la contestazione degli espropri di alcune terre da parte delle forze dell’ordine per proseguire con la costruzione della linea di alta velocità Torino-Lione. Mobilitazione che aveva coinvolto anche 23 sindaci della Valle, tra cui quello di Bussoleno.

Il 27 febbraio 2012, l’attivista Luca Abba, proprietario di uno dei terreni oggetto dell’esproprio, si era arrampicato su un traliccio dell’alta tensione in segno di protesta. A seguito della pressione di alcuni agenti per farlo scendere, era stato folgorato da una scarica elettrica ed era caduto da un’altezza di dieci metri, rimanendo in coma per alcuni giorni.

Da questo episodio si erano accese mobilitazioni di protesta nella Valsusa e anche in altre città italiane, tra le quali si inserisce anche la breve azione non violenta al casello autostradale di Avigliana del 3 marzo 2012.

Oltre a Dana Lauriola, altre undici persone erano state denunciate a seguito dell’azione dimostrativa, poi tutte condannate a pene definitive che vanno da uno a due anni. Tra queste c’è Nicoletta Dosio, la professoressa arrestata nel dicembre 2019 che oggi sta scontando la fine della sua condanna di un anno ai domiciliari. L’unico danno materiale dell’azione di protesta alla società autostradale che ha la concessione per il tratto Torino-Bardonecchia, è stato quantificato a 777 euro, importo rimborsato da Dana e altri coimputati prima dell’ultima udienza a suo carico.

Si è mossa anche Amnesty International Italia con una nota ufficiale Riccardo Noury: “Esprimere il proprio dissenso pacificamente non può essere punito con il carcere. L’arresto di Dana è emblematico del clima di criminalizzazione del diritto alla libertà d’espressione e di manifestazione non violenta, garantiti dalla Costituzione e da diversi meccanismi internazionali. È urgente che le autorità riconsiderino la richiesta di misure alternative alla detenzione e liberino immediatamente Dana Lauriola, arrestata ingiustamente per aver esercitato il suo diritto alla libera espressione e a manifestare pacificamente”.

Intanto lei ha scritto una lettera dal carcere, di cui riporto il testo struggente.

Car* tutt*,
sono al sesto giorno di detenzione ed ho iniziato a comprendere i complessi meccanismi che regolano la vita delle detenute. Anzi, mi correggo, inizialmente sono complessi, poi capisci un paio di principi base e tutto diventa più chiaro. Mi spiegherò meglio dopo.
Al mattino mi sveglio ancora convinta di essere a casa, poi non appena lo sguardo mette a fuoco qualche dettaglio, realizzo di trovarmi qui ed è e devo dire che la sensazione mi fa svegliare repentinamente. Le giornate sono scandite da una serie di eventi che si ripetono sempre uguali a se stessi: vitto (colazione), aria/doccia, vitto (pranzo), aria/doccia, vitto (cena). Mi sveglio però molto prima fuori è ancora buio, ma in sezione iniziano a pulire le lavoranti, si sente odore di caffè, le agenti parlano ad alta voce. Sono ancora nella sezione nuovi giunti, a metà dell’isolamento domiciliare (prevenzione covid) e qui le celle sono chiuse 24 ore su 24. Si esce solo per andare all’aria, farsi la doccia, incontrare avvocati ed eventualmente per chi lo richiede educatrici, psicologa, prete ecc.
Essendo praticamente in isolamento, ho avuto modo di conoscere solo le detenute che come me sono in isolamento domiciliare (passiamo l’aria insieme) e sono davvero grata queste donne che mi hanno accettata come una sorella. La solidarietà è concreta, materiale ed umana, c’è qualcosa che fa la differenza perché nei momenti di sconforto c’è sempre qualcuno, che nel nostro caso da dietro le sbarre della cella, interrompe le attività che sta svolgendo per una chiacchierata, una battuta, ecc. Stamattina una detenuta ha cantato, benissimo oltretutto, per una mezz’oretta e ci ha tutte rilassate.
Devo ammettere che l’impatto col carcere, soprattutto se sai che dovrai rimanerci per un po’, è forte, violento.
Il sistema carcerario, nonostante se ne dica, non ha nulla di educativo. È una punizione, severa e bisogna fare appello agli strumenti più profondi di sé per poterlo affrontare. È una scissione netta perché improvvisamente non fai più nulla di quello che facevi il giorno prima, non hai vicino fisicamente le persone che ami, non puoi più fare quello che ti piace e nel mio caso, non ridete so che è cosa nota, non puoi stare con i tuoi amici animali.
Mi consolo con due piccioni (ormai sono sicura che siano sempre gli stessi) che vivono sulle mura che stanno di fronte alla finestra della mia cella. Se Nicoletta aveva dolci uccellini, io ho due piccioni, ma sono svegli e seguono con attenzione quello che faccio. Questa sciocca considerazione è per spezzare un po’ il clima cupo che ho creato nelle righe precedenti perché, nonostante il carcere sia un luogo brutto, io sto bene. Ma ne parlerò ancora però perché credo che luoghi così non dovrebbero esistere.
Ho visto al TG le immagini del mio arresto e della mia fiaccolata, da oggi ho iniziato a ricevere la posta. È stato molto emozionante, devo ammetterlo, e poco alla volta proverò a rispondere a tutti.
Leggo molto, anzi moltissimo, disegno e già solo queste due attività mi danno molta quiete e soddisfazione. Da oggi riceverò anche i giornali. Insomma, bene così.
Parlo di noi raccontandomi, della lotta al TAV e delle altre e sento un orgoglio infinito che mi dà molta forza e serenità.
In questo luogo di deprivazione e sofferenza, ciò che facciamo ha un gran bel valore e serve a mantenere viva la speranza per un futuro che speriamo possa essere più giusto per tutti, anche per gli ultimi che il sistema nasconde qui dentro. So che mi mancherà poter contribuire attivamente ai prossimi mesi di mobilitazione in Valle, ma so anche che il movimento saprà mettere in campo tutte le risorse per resistere ancora una volta alle aggressioni che verranno mosse da chi vuole a tutti i costi il TAV. La nostra lotta è per il futuro di tutti, abbiamo una grande responsabilità.
Per ora vi saluto. Vi voglio bene, state saldi.
Avanti No Tav!
#unadonnalgiorno

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