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Dalila Bagnuli

Dalila Bagnuli

Con riappropriazione del proprio corpo, intendo riuscire a prendere consapevolezza del fatto che molte delle scelte che noi donne attuiamo tutti i giorni nei confronti della nostra estetica non sono frutto del nostro pensiero o ragionamento, ma sono, in qualche modo, causate da un’imposizione sociale, per soddisfare lo sguardo altrui. Riuscire a capire quali sono tutti quei punti su cui non abbiamo il controllo è un momento fondamentale nel percorso femminista.

Dalila Bagnuli, scrittrice femminista e content creator, ha fatto della body positivity la sua divulgazione per provare ad ampliare la rappresentazione, convinta del fatto che le parole che usiamo sono lo specchio di come guardiamo il mondo.

Nata e cresciuta a La Spezia, è approdata a Milano per studiare per studiare Scienze della Comunicazione.

Considerata sempre troppo grassa, più volte discriminata per la sua fisicità, dopo tanti anni in cui è stata messa ai margini e bullizzata, ha smesso di vergognarsi del suo corpo e di fare diete estenuanti e si è accettata per quello che è.

Dal 2020, attraverso la rete, cerca di decostruire i pregiudizi che la società ha impresso sui corpi delle donne, in particolare a quelli non conformi agli standard di bellezza.

Con sguardo femminista intersezionale, affronta temi come la grassofobia, la pressione estetica e la cultura della dieta.

Ha scritto due libri: Diario non conforme, dai voce alla tua storia Antimanuale della bellezza che racchiude i suoi principi e valori di uguaglianza e libertà. Un viaggio dentro la storia del femminismo, ma anche della moda. Racconta le rivoluzioni dei corpi marginalizzati fino ad analizzare l’influenza del marketing sulle nostre vite e i meccanismi tossici che capitalismo e patriarcato ci hanno insegnato a perpetuare.

Ha realizzato un podcast a più voci sulla diversità esperienziale e rappresentativa dei corpi dal nome Sono PIENA, il podcast che alza la voce.

Da social media strategist cerca di trovare strategie di comunicazione efficaci, attraverso il video, la scrittura, la fotografia.

Veicolando, nei suoi interventi arguti, ironici, incisivi, il messaggio che bisogna smettere di valutare le persone in base ai canoni di bellezza, mira a distruggerli, mostrando inganni e strategie subdole che si nascondono fra industria della moda, pubblicità e rappresentazione delle donne. 

Distrugge, decostruisce, scompone, piuttosto che creare ulteriori strutture, compiendo un passo necessario verso una teoria femminista fruibile e non esclusiva, con messaggi che arrivano a più persone possibile.

La pressione estetica ci viene costantemente sbattuta in faccia e nelle orecchie da televisione, pubblicità e giornali. L’industria della bellezza ne è un grandissimo mandante: siamo costantemente in ascolto di frasi che ci dicono quanto il nostro corpo sia, in qualche modo, sbagliato, per poi venire abbindolate dal nuovo prodotto che ci promette di colmare quell’insicurezza che, in realtà, è stata la pubblicità stessa a generare in noi.

La sua body positivity è volta al rispetto verso tutti i tipi di corpi e a tutte le soggettività che non vengono mai rappresentate, ma sempre discriminate, come i corpi trans, non binari, neri, disabili, autistici e grassi.

Dovremmo fare pace con il fatto che al mondo esistono vari tipi di corpi, che sono tutti diversi e che commentare la fisicità altrui è, sempre e comunque, sbagliato. Anche se è difficile riuscire a smettere, perché ci è sempre stato insegnato che la grassezza è uguale alla bruttezza. E che una persona brutta, o un grassa, non può essere davvero felice. Sul corpo delle donne, vengono applicate una serie di discriminazioni e di limiti, che restringono la libertà di autodeterminarsi nel mondo. E cosa c’è di più femminista di riappropriarsi della libertà che ci hanno tolto?.

Col suo esempio, mettendo in mostra il suo corpo e rispondendo a chi, dietro una tastiera, o per strada, ancora ha l’intento di discriminarla, risponde con ferma ironia che tende a distruggere gli standard di bellezza, promuovendo il rispetto di tutte le persone.

Lo standard estetico va abolito, ma l’autodeterminazione dell’estetica è fondamentale, dobbiamo riappropriarci del nostro corpo. Accettare il proprio corpo con l’idea di riprenderselo. Voglio smettere di essere un oggetto per diventare soggetto.

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