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L’arte militante di Carla Accardi

Carla Accardi

L’arte è sempre stata il reame dell’uomo. Noi, nello stesso momento in cui entriamo in questo campo così maschile della creatività, abbiamo il bisogno di sfatare tutto il prestigio che lo circonda e che lo ha reso inaccessibile.

Carla Accardi, pioniera dell’arte contemporanea, dal dopoguerra, è riuscita a emergere in un contesto fortemente maschile e per prima ha ricevuto importanti riconoscimenti internazionali.

Figura cardine della cultura visiva contemporanea, è stata la prima donna a dedicarsi all’astrattismo, nel 1947, e prima a dare alla sua arte una connotazione politica.

Lavorando su forme indecifrabili in cui protagonista è stato soprattutto il colore, ha abbattuto i pregiudizi che vedevano le opere delle donne intrise di delicatezza e realismo.

La sua pittura costellata di confronti linguistici e sperimentazione, è riuscita a raggiungere vette altissime.

Si è espressa attraverso il segno, reinventandolo o reinterpretandolo per collaudare nuove convivenze e nuovi rapporti con lo spazio e la superficie.

Ha più volte partecipato alla Biennale di Venezia e nel 1997 è entrata a far parte della Commissione.

Ha esposto in personali e collettive in tutto il pianeta.

Le sue opere hanno fatto parte di importanti rassegne internazionali alla Royal Academy di Londra, al Guggenheim Museum di New York, al MOCA di Los Angeles, al Musée d’Art Moderne et d’Art Contemporain di Nizza e fanno parte delle collezioni di istituzioni come la Tate di Londra, il MoMa di New York, il Centro Pompidou di Parigi, la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, il Palazzo Reale di Milano e il Museo Civico di Torino, sono per citarne qualcuna.

Nata a Trapani, il 9 ottobre 1924 aveva studiato Belle Arti a Palermo e Firenze prima di stabilirsi a Roma, subito dopo la guerra.

Nel 1947 è stata l’unica donna del gruppo che ha fondato Forma 1 collettivo artistico di ispirazione formalista e marxista e prima a basare la sua ricerca sull’astrazione mirata a un rinnovamento della cultura visiva italiana.

Del 1950 è la sua prima personale alla libreria L’Age d’Or di Roma, in cui sviluppava il suo originale linguaggio incentrato su segni bianchi e neri.

Successivamente, a Milano, tramite la Libreria Salto, ha iniziato a collaborare con il MAC – Movimento Arte Concreta, gruppo artistico di cui ricordiamo Bruno Munari.

Nel 1955 nella sua personale alla Galleria San Marco di Roma ha presentato una ricerca dedicata alla riduzione cromatica e segnica e partecipato alla collettiva Individualità d’oggi invitata dal critico d’arte francese Michel Tapié che ne ha consolidato la fama di prima pittrice astrattista conosciuta e apprezzata a livello internazionale.

Nei primi anni Sessanta è tornata a utilizzare il colore e a metà del decennio ha sperimentato nuovi supporti e pigmenti, utilizzando vernici colorate e fluorescenti applicate su supporti plastici trasparenti arrotolati o assemblati.

Negli ambienti e le tende – Tenda, 1965-66, Ambiente arancio, 1966-68, Triplice tenda, 1969-71 –, ha dialogato con le esperienze più radicali e innovative del design e dell’architettura italiani, costruendo spazi nomadi e anti-istituzionali, delle «stanze tutte per sé» che riecheggiano la necessità di creare uno spazio separato, precondizione alla pratica femminista dell’autocoscienza. Forme ibride in cui si intrecciano pittura, scultura e architettura, presupponendo la partecipazione attiva di chi guarda.

Nel 1969 è stata l’unica donna protagonista di Autoritratto, libro di conversazioni con artisti dell’allora critica d’arte Carla Lonzi, poi diventata la più importante teorica del femminismo della seconda ondata. I suoi interventi nel volume ruotano spesso attorno ai temi dei rapporti uomo-donna, alla condizione femminile e alle diverse forme di oppressione, con un interesse particolare per le lotte per i diritti civili delle persone afro-americane.

Nel 1970, insieme ad altre donne, Accardi e Lonzi, hanno dato vita a Rivolta femminile, uno dei primi gruppi femministi in Italia, fondato sul separatismo e sulla pratica dell’autocoscienza. Le due sono state legate da uno straordinario sodalizio durato circa un decennio che si è spezzato in seguito a una serie di conflitti e incomprensioni che ruotavano attorno alla difficile convivenza dell’arte con il femminismo.

Carla Lonzi non riusciva a pensare la creatività femminile al di fuori del coinvolgimento con l’ordine patriarcale, mentre Carla Accardi rivendicava un’identificazione come artista all’interno di una pratica femminista.

Fuoriuscita dal collettivo, insieme a Suzanne Santoro e Anna Maria Colucci, ha dato vita alla Cooperativa di via del Beato Angelico, una delle più significative esperienze artistiche femministe in Italia.

Nel maggio del 1976, la mostra Origine, rappresenta una sorta di risposta e di elaborazione dei temi discussi all’interno del gruppo. Ruota attorno ai temi della memoria personale e delle geneaologie femminili. Attraverso l’installazione di una tenda trasparente che serve da supporto a una serie di fotografie, ha costruito una narrazione non-lineare delle relazioni femminili all’interno della sua storia familiare. Ha utilizzato tecniche innovative per dialogare coi temi affrontati negli anni Sessanta, quando era alla ricerca di modalità che le consentissero di pensarsi come artista all’interno di un contesto che la escludeva a priori.

Negli anni Ottanta è ritornata all’uso della tela mentre il suo linguaggio si evolveva ulteriormente verso segni e giustapposizioni cromatiche inediti.

Nominata a far parte dell’Accademia di Brera nel 1996, l’anno dopo è diventata consigliera della Commissione per la Biennale di Venezia.

Si è spenta il 23 febbraio 2014, all’età di novanta anni. I suoi funerali si sono svolti nella sala del Carroccio in Campidoglio.

Per commemorare il centenario dalla nascita, da marzo a giugno 2024, il Palazzo delle Esposizioni di Roma le ha dedicato una ampia retrospettiva.

Carla Accardi è stata la prima artista femminista italiana. Il suo lavoro,  stato determinante per la nascita e lo sviluppo di nuovi modi di intendere l’opera d’arte, ha lasciato un segno indelebile.

Ha vissuto la sua militanza artistica in autonomia, approfondendo i temi dell’identità, della differenza e della creatività femminile.

Attraverso la creazione di un nuovo segno, ha inventato un linguaggio indecifrabile, testimonianza diretta della sua alterità nei confronti di un mondo occidentale di appannaggio maschile.

#unadonnalgiorno

 

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