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Barbara Valmorin

Barbara Valmorin

Barbara Valmorin è stata una talentuosa attrice italiana.

Leonessa della scena e donna di grande cultura, ha ispirato diversi testi teatrali e lavorato con grandi artiste e artisti, è stata diretta dai più importanti registi del Novecento, soprattutto a teatro, ma anche al cinema e alla televisione.

Nata a Bari col nome di Agata Bibolotti, il 30 gennaio 1939, da padre toscano e madre ligure, dopo il liceo ha frequentato il Cours d’art dramatique René Simon a Parigi, città in cui ha debuttato con Luchino Visconti, che le aveva dato il suo nome d’arte, in Dommage qu’elle soit une putain.

Rientrata in Italia, a teatro ha lavorato con Eduardo De Filippo e Antonio Calenda. Il suo esordio sul grande schermo è stato nel 1964, nel film Senza sole né luna di Luciano Ricci.

Importante per la sua carriera è stato l’incontro con Luca Ronconi che l’ha diretta in diversi fortunati spettacoli tra cui Orlando furioso, La tragedia del VendicatoreOrestea, Peccato fosse puttana che le è valso il Premio Ubu, il più grande riconoscimento teatrale italiano.

Tra le socie fondatrici della Cooperativa Tuscolano, nel 1981, per lei Annibale Ruccello ha scritto Weekend, un’opera noir che ripercorre il malessere quotidiano di una professoressa di liceo napoletana trapiantata a Roma. Lo spettacolo, andato in scena per la prima volta nel 1983 al Teatro dell’Orologio di Roma, ha avuto diverse riprese nel corso degli anni.

Ha lavorato con registi come Giancarlo Cobelli, Giorgio Marini, Masssimo Castri, Cesare Lievi, Mario Martone, Franco Branciaroli, Ugo Gregoretti, Gabriele Lavia, Renato Carpentieri, Nekrošius e molti altri.

Per Barbara Valmorin, entrare nelle viscere del testo, ‘scarificarlo’ per riuscire a trasmettere emozioni, era del tutto naturale. Il suo spirito critico, il suo rigore, il suo amore per la cultura ‘salvifica’, la conducevano non solo a spaziare dalla letteratura, in particolare tedesca e mitteleuropea, all’arte e alla musica, amava scandagliare nuovi territori e linguaggi della drammaturgia. Amava le nuove generazioni e non disdegnava di mettersi in gioco con artisti agli albori.

Un altro momento importante nella sua carriera è stato Vecchie, scritto e diretto da Daniele Segre e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia del 2002 e all’Annecy Cinéma Italien, che le è valso il premio per la migliore interpretazione femminile.

Diretta dal regista Werner Waas, nel 2007 è stata Renata nell’omonima pièce scritta da Paolo Musio che si è a lei ispirato per la drammaturgia. La pièce evidenzia lo scontro tra la sua generazione e i giovani, troppo rassegnati e passivi dinanzi alla deriva della politica e al dilagare dell’ignoranza.

Donna dura, caustica, esigente ma anche tanto generosa, si è consacrata all’arte e alla politica, della quale tutto il suo quotidiano era intriso. Da vera militante, ha partecipato all’autogestione del Teatro Valle, credendo nell’urgenza di risolvere i problemi del teatro italiano.

È stata sincera, coraggiosa, non ha mai fatto sconti e ha pagato spesso con la solitudine il suo atteggiamento intransigente.

L’ultimo testo che ha interpretato, nel 2015, I taccuini di Mosella Fitch, è il racconto di una donna fuori dagli schemi e istintivamente avversa all’ipocrisia che ha consegnato l’essenziale del suo stare al mondo ai suoi taccuini.

Ha recitato con furore, disperazione e al tempo stesso una lucidità intellettuale che scaturiva da ogni piega del suo esprimersi in scena, dalle parole, dagli sguardi, dai gesti.

Chi ha avuto la fortuna di vedere in scena questa grande attrice si è data quindi l’esperienza di sentir vibrare due corde in una, e quindi di far tesoro, attraverso di lei, di tutta la dialettica che ha attraversato il grande Novecento teatrale. La dialettica era una parola chiave per capirla, se non eri munito di spirito dialettico era impossibile averci a che fare – ha scritto di lei Mario Martone e ancora: Burbera, severa, capricciosa anche, da diva qual era, ma anche fanciullescamente disposta al gioco e all’incanto, era innanzitutto una donna capace di assumere e portare su di sé le riflessioni più estreme.

Con le sue immancabili sigarette e il suo bicchiere di vino rosso ha animato serate fino a tarda notte e intessuto relazioni intergenerazionali, amata dalla critica, ha riempito la scena con verità e un gran gusto dello spettacolo.

Non si è mai risparmiata nel lavoro e nel professare le sue idee, si è sempre messa in gioco, esponendosi nuda e cruda, fino all’ultimo istante.

Si è spenta a Roma il 15 luglio 2019.

Non le sono stati dedicati premi o spazi teatrali e non viene abbastanza ricordata perché il teatro si perde nella memoria di chi lo ha vissuto e forse perché, come molte attrici della sua generazione ha trascurato le relazioni per consacrarsi totalmente all’arte, di cui si è nutrita per tutta la sua vita.

 

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