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Antonietta Raphaël

Antonietta Raphaël

Antonietta Raphaël, pittrice e scultrice, è stata un’importantissima rappresentante della Scuola Romana.

Ha avuto una vita intensa, operosa e devota all’arte, mostrando la verità senza illusioni e con grande determinazione.

Ha trasformato la pratica artistica in uno strumento di indagine sul suo mondo interiore, evocando dimensioni oniriche e immaginifiche in cui la figura femminile l’ha fatta da protagonista.

Soprattutto con l’autoritratto, che ha segnato tutta la sua produzione, ha messo al centro il tema dell’identità esplorata attraverso il racconto di sé e del suo mondo.

Nata a Kovno, un piccolo villaggio nei pressi di Vilnius, in Lituania, il 29 luglio probabilmente del 1895, era l’ultima figlia del rabbino Simon e di Katia Horowitz. Nel 1905, dopo la morte del padre, andò a vivere con la madre a Londra, dove si era diplomata in pianoforte alla Royal Academy e si manteneva dando lezioni di solfeggio. Nella seconda metà degli anni Dieci del Novecento, nacque il suo interesse per il disegno.

Alla morte dalla madre, nel 1919, si era trasferita a Parigi e successivamente, a Roma dove, nel 1925, frequentando l’Accademia di Belle Arti, aveva conosciuto Mario Mafai, con cui nacque un fruttuoso sodalizio artistico e una lunga e travagliata storia d’amore che ha portato alla nascita delle figlie Miriam, Simona e Giulia.

Nel 1928 ha realizzato alcuni dei suoi dipinti più noti, come Autoritratto con violinoMafai che disegnaSimona in fasce, che raffiguravano scene familiari.

L’anno seguente, ha esposto per la prima volta il suo lavoro alla I Mostra del sindacato fascista degli artisti, nel palazzo delle Esposizioni di Roma. È stato in quell’ambito che il gruppo espressionista di cui faceva parte insieme a Mafai, composto da Scipione, Cipriano Efisio Oppo, Amerigo Bartoli, Alberto Ziveri, Arturo Martini, Wanda e Alfredo Biagini, venne battezzato con il nome di Scuola di via Cavour prendendo spunto dall’indirizzo della loro abitazione.

Ancora nel 1929, le sue opere esposte alla Mostra collettiva presso la Casa d’arte Bragaglia e alla Camerata degli artisti nella mostra Otto pittrici e scultrici romane le portarono importanti segnalazioni da parte della critica.

Dal 1930 ha vissuto a Parigi e poi a Londra, tornando definitivamente a Roma alla fine del 1933. Si era, nel frattempo, appassionata alla scultura, il mezzo di cui è diventata un’imponente protagonista nella storia dell’arte.

Il 20 luglio 1935, dopo separazioni e ritrovamenti, ha sposato Mario Mafai che è rimasto l’amore della sua vita, fino alla fine.

Ha esposto alle Mostre del Sindacato dal 1936 al 1938 fino a quando le leggi razziali fasciste costrinsero la famiglia a cercare rifugio prima a Forte dei Marmi e poi a Genova, dove rimase fino alla fine della guerra, conducendo una vita appartata, sostenuta dalla solidarietà e dall’amicizia di importanti collezionisti, come Emilio Jesi e Alberto Della Ragione. Il marito era stato, intanto, arruolato nel 1942.

Nei difficili anni della guerra ha realizzato le sue sculture più mature, tra cui Madre di Alberto Della Ragione (1941), Mafai con il gatto (1942), Busto di Simona (1943) e Mafai con i pennelli (1943).

Dopo tante ristrettezze economiche arrivarono le prime mostre importanti alla Galleria Barbaroux nel 1947 e poi la Quadriennale di Roma nel 1948 e nel 1959 e alla Biennale di Venezia nel 1948 e nel 1950, nel 1952 e nel 1954.

Nel 1956 è stata premiata al Premio Spoleto.

Nel 1960 è stata pubblicata la prima monografia e il Centro Culturale Olivetti le ha dedicato la prima grande retrospettiva sul suo lavoro, con 39 dipinti e 13 sculture, poi trasferita a Torino e a Roma.

Gli anni Sessanta sono stati segnati da tanto lavoro (ancora sculture e grandi dipinti dedicati a temi biblici come Il cantico dei cantici e Le lamentazioni di Giobbe), ma anche dal dolore per la malattia e poi la morte del marito, nel 1965. Sul filo della memoria ha dipinto, l’anno seguente la tela Omaggio a Mafai.

Nel 1967 un ampio nucleo delle sue opere realizzate tra la fine degli anni Venti e la prima metà degli anni Trenta venne presentato nella mostra Arte moderna in Italia 1915-1935 a palazzo Strozzi a Firenze.

Alla fine del decennio, grazie al successo crescente delle sue mostre, è riuscita a portare a compimento la fusione in bronzo di tutta la sua produzione plastica.

Nel 1970 venne selezionata dalla Quadriennale di Roma per la mostra Scultori italiani contemporanei

Si è dedicata con passione anche alla litografia mentre continuava ad affrontare, con l’energia straordinaria che ha caratterizzato tutta la sua vita, le ultime due grandi tele, forse le più gioiose di tutte la sua produzione: Omaggio a Picasso e Grande Concerto sul Lago di Vico.

È morta a Roma il 5 settembre 1975 lasciando una traccia indelebile nella storia artistica del nostro paese.

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