Il mio lavoro sono le parole. Le parole come etichette,
o monete, o meglio, come uno sciame d’api.
La mia fede
è un carico enorme
appeso a un filo sottile,
proprio come un ragno
appende i suoi piccoli a una tela fine,
proprio come dalla vite,
esile e rigida,
pendono grappoli
come occhi,
come molti angeli
danzano su una capocchia di spillo.
Anne Sexton, scrittrice e poeta statunitense, moderna icona della poesia confessionale. Metteva tutta la sua vita in ciò che scriveva, senza pudore. Ridefinendo i confini della poesia, trattò, prima di tutte, temi come mestruazioni, aborto, masturbazione e adulterio.
Anne Sexton soffriva di disturbo bipolare, contro il quale ha combattuto per gran parte della sua vita. Fu proprio durante un ricovero per esaurimento nervoso nel 1955, che un dottore la incoraggiò a scrivere poesie e a tenere corsi di scrittura.
Una donna in frantumi, che riusciva a riannodare il filo della sua esistenza spezzata solo scrivendo.
Era una vera poeta vamp, sempre chic, trucco accurato, vestiva di rosso e indossava tacchi a spillo. Nelle sue apparizioni pubbliche, che venivano pagate a peso d’oro, arrivava sempre in ritardo, barcollante, lanciava le scarpe al pubblico a procedeva nella lettura delle sue opere con voce sensuale. Era bellissima e pazza, promiscua e disperata, entrava e usciva dalle cliniche psichiatriche, si imbottiva di pillole di ogni tipo, forse era stata molestata dal padre, la figlia la accusò di aggressione sessuale.
#unadonnalgiorno