Se pensi di essere troppo piccolo per lasciare il segno, prova ad andare a letto con una zanzara.
Anita Roddick è stata l’imprenditrice inglese che ha creato The Body Shop il primo modello di business legato al rispetto per l’ambiente, capace di coniugare etica e profitto e il primo brand a proibire test sugli animali.
Una filosofia imprenditoriale improntata sull’idea rivoluzionaria che il business potesse avere un impatto positivo sulla società e sul pianeta.
La sua azienda di cosmetici che produceva e vendeva prodotti di bellezza naturali è stata tra le prime a promuovere il commercio equo con i paesi in via di sviluppo.
Nata col nome di Anita Lucia Perrella a Littlehampton, il 23 ottobre 1942, era la terza di quattro figli e figlie e Gilda Di Vito, emigrata a 17 anni in Inghilterra da Atina, in provincia di Frosinone e Donato Perrella, ristoratore di Brighton.
Sua madre sognava per lei una carriera da insegnante, ma il suo desiderio di avventura l’ha portata, dopo gli studi, prima a Parigi, dove ha lavorato alla biblioteca dell’International Herald Tribune e poi a Genova presso le Nazioni Unite.
Ha poi mollato tutto e intrapreso il suo “sentiero hippie” che l’ha portata a girare attraverso l’Europa, il Pacifico meridionale e l’Africa. Ha così scoperto culture di altri mondi, rituali e usanze comprese quelle per la cura del corpo e per la salute.
Tornata in Inghilterra, nel 1970 ha sposato Gordon Roddick, viaggiatore come lei che, qualche anno dopo, ha deciso di realizzare il suo sogno andare a cavallo da Buenos Aires a New York. Entusiasta del progetto del marito, ne ha finanziato il viaggio vendendo la sua piccola attività di ristorazione. Per sostenere la famiglia ha quindi iniziato a collaborare con un erborista locale creando cosmetici naturali mettendo a frutto le conoscenze acquisite durante i suoi viaggi.
Con un piccolo prestito, nel 1976, ha aperto il suo primo The Body Shop nella località balneare di Brighton.
L’idea di partenza era creare prodotti di qualità per la cura della pelle in contenitori da riempire con fragranze decise al momento.
Qualcosa di diverso dalla solita profumeria, piuttosto una filosofia di vendita che metteva al primo posto nella scala dei valori ambiente e solidarietà, il recupero dei materiali e la ricerca di essenze poco note.
Ogni prodotto aveva una storia ed era fatto con ingredienti naturali provenienti da tutto il mondo. Venduto in confezioni semplici e ricaricabili, costituiva un rituale quotidiano di amor proprio, senza false promesse di dimagrimento o ringiovanimento. Una fonte di gioia, conforto e autostima.
Dopo sei mesi aveva aperto un secondo punto vendita, nel 1984 è entrata in borsa e, nel 1991, dopo 15 anni di attività, la sua impresa era a un livello tale di successo da conquistare il World Vision Award for Development Initiative.
Credo che tutte le pratiche commerciali sarebbero notevolmente migliorate se fossero governate da principi” femminili“.
Molto attiva in diverse campagne per diritti umani e ambientali, si è unita a Greenpeace nella campagna Save the Whale per combattere la crudele caccia alle balene e promuovere l’uso dell’olio di jojoba come sostituto dell’olio dei capodogli, che a quel tempo era ampiamente utilizzato nei cosmetici. Ha anche sponsorizzato The Big Issue il giornale indipendente venduto da persone senza fissa dimora. Ha finanziato Amnesty International, e supportato campagne contro la distruzione delle foreste pluviali.
Nel 1990 ha fondato Children on the Edge, organizzazione per aiutare l’infanzia svantaggiata colpita da conflitti, disastri naturali, disabilità e HIV/AIDS, con la convinzione che il mondo degli affari dovesse offrire una forma di leadership morale.
Ha contribuito a sensibilizzare l’opinione pubblica internazionale e a raccogliere fondi per aiutare gli Angola Three, prigionieri afroamericani tenuti in isolamento per decenni.
Nel 1997, in contrasto agli ideali di bellezza filiforme, ha prodotto Ruby, una bambola corpulenta e fiera che è diventata l’incarnazione della campagna promozionale più importante del suo brand.
Nel 2004, Body Shop aveva 1980 negozi con più di 77 milioni di clienti in tutto il mondo. Il secondo marchio più affidabile nel Regno Unito e il 28° più importante al mondo.
Due anni dopo, lo ha venduto al gruppo L’Oréal per 652 milioni di sterline (circa 775 milioni di euro), scatenando numerose polemiche per il fatto che il colosso della cosmesi utilizzava test sugli animali e fosse in parte di proprietà di Nestlé nota per il pessimo trattamento riservato ai produttori dei paesi in via di sviluppo.
Intanto aveva anche istituito una scuola specializzata in Business e Impresa, The Roddick Enterprise Centre, in cui ha messo a punto la sua personale ricetta per l’imprenditoria costituita da motivazione, indipendenza, entusiasmo, ingegno, determinazione, consapevolezza dei rischi e, soprattutto, ottimismo.
Per la sua leadership virtuosa, Anita Roddick ha ricevuto premi e riconoscimenti in tutto il mondo, è stata nominata prima Ufficiale e poi Dama Commendatrice dell’Ordine dell’Impero Britannico e le sono state conferite diverse lauree e dottorati ad honorem. È stata anche insignita dall’UNEP, il Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente.
Ha scritto diversi libri, tra cui Prendilo sul personale: come la globalizzazione ti influenza e modi efficaci per sfidarla e Troubled Water: Santi, peccatori, verità e bugie sulla crisi idrica globale.
Nel 2004 le è stata diagnosticata una cirrosi epatica in conseguenza di un’epatite di vecchia data. Da quel momento si è spesa per promuovere il lavoro di The Hepatitis C Trust con una campagna per sensibilizzare sulla malattia che l’ha vista ospite in importanti programmi televisivi britannici.
È stata una donna che si è fatta da sola, che ha avuto una grande intuizione e una visione. Un grande esempio di imprenditrice che ha fondato un impero partendo dal basso, nel rispetto della natura e delle persone, senza mai piegarsi a logiche e mode passeggere.
Ha creato un marchio in cui ogni prodotto e ogni decisione aziendale servivano a dare potere alle ragazze e alle donne, lottando per l’uguaglianza e creando opportunità lavorative secondo principi di inclusione, collaborazione e solidarietà.
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