Amelia Rosselli, poeta, musicista e etnomusicologa che ha fatto parte della generazione degli anni trenta.
Per lei più che per chiunque altro poesia e musica sono state intimamente intrecciate, tra loro e ai suoi drammi personali. Ha trasfuso la musica nei suoi versi.
È stata una donna molto segnata dalla sofferenza e per raccontare il suo dolore ha inventato una lingua nuova.
Nacque a Parigi il 28 Marzo 1930, figlia di Marion Cave, attivista del partito laburista britannico, e di Carlo Rosselli, esule antifascista (fondatore di Giustizia e Libertà) e teorico del Socialismo Liberale.
Aveva sette anni quando suo padre e suo zio vennero assassinati dalle milizie fasciste in Francia per ordine di Mussolini e Ciano. Da quel momento iniziò un lungo periodo da esule in cui visse prima in Svizzera e poi negli Stati Uniti.
Il duplice omicidio la sconvolse talmente nel profondo che da quel momento cominciò a soffrire di ossessioni persecutorie, temeva costantemente di essere seguita dai servizi segreti che volevano ucciderla.
All’estero compì studi letterari, filosofici e musicali, ultimandoli in Inghilterra, poiché in Italia, dove era tornata nel 1946, non le poterono essere riconosciuti.
Negli anni quaranta e cinquanta si occupò di teoria musicale, etnomusicologia e composizione, trasponendo le sue ricerche in alcuni saggi.
Nel 1948 cominciò a lavorare come traduttrice dall’inglese per alcune case editrici e per la Rai. In quegli anni frequentò gli ambienti letterari romani, tramite gli amici Carlo Levi e Rocco Scotellaro conobbe gli artisti che avrebbero successivamente dato vita all’avanguardia del Gruppo 63.
Negli anni sessanta si iscrisse al PCI e iniziò a pubblicare i suoi testi e recensioni letterarie su giornali come Paese Sera e L’Unità.
Nel 1964 uscì la sua prima raccolta di versi, Variazioni belliche in cui mostra il ritmo faticoso della sofferenza, senza nascondere la fatica di un’esistenza contrassegnata in maniera indelebile da un’infanzia di dolore.
È del 1969 la raccolta Serie ospedaliera, comprensiva del poemetto La Libellula.
Nel 1981 uscì Impromptu, un lungo poema diviso in tredici sezioni, e nel 1983 Appunti sparsi e persi, scritti tra il 1966 e il 1977.
Alcune prose autobiografiche, di vari periodi, furono raccolte e pubblicate nel 1990, con il titolo Diario ottuso.
Nel 1992 è uscita la raccolta Sleep. Poesie in inglese.
Ha trascorso gli ultimi anni della sua esistenza a Roma, colpita da una grave depressione, che andava a sovrapporsi a diverse altre patologie tra cui il morbo di Parkinson, in diverse cliniche all’estero le avevano diagnosticato anche una schizofrenia paranoide.
È morta suicida l’11 febbraio del 1996, in passato aveva già tentato in più occasioni di togliersi la vita, era reduce da un ricovero in una casa di cura in cui aveva provato a ritrovare la serenità. Senza riuscirci.
Amelia Rosselli è rimasta una figura di scrittrice unica per il suo plurilinguismo e per il tentativo di fondere l’uso della lingua con l’universalismo della musica.
Il suo archivio, insieme a molti suoi disegni, sono conservati presso il Centro per gli studi sulla tradizione manoscritta di autori moderni e contemporanei dell’Università di Pavia.
L’esperienza della morte del padre e dello zio, assassinati barbaramente, fornì di certo suggestioni di fondo alla sua poesia donandole una struttura solenne.
Negli ultimi tempi era dedita alla trasmissione di una gnosi esoterica, nascondeva accumuli di dolore personale, intimo, che non sapeva come gestire. Quando avvenne la crasi fra la parola preziosa e il significato autentico della stessa nel contesto esistenziale, fu la fine. Si ritrovò completamente sola, a tu per tu con una realtà dura, ma vissuta tanto intensamente e per forza.
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