Non esiste libertà che non passi dalla libertà sessuale.
Adele Faccio, attivista e politica, pacifista, femminista, sostenitrice della libertà di scelta e dell’autodeterminazione, ha apportato un fondamentale contributo per l’approvazione della Legge 194, grazie alla quale l’interruzione di gravidanza non è più né un reato né un rischio di vita per le donne.
Convinta che il movimento femminista fosse l’unico che potesse portare una trasformazione radicale nella società, si è fatta fautrice di tante istanze.
Paladina dei diritti umani, riformatrice della politica e della legislazione, è stata una grande sostenitrice della disobbedienza civile che riteneva l’arma più forte per il riconoscimento dei propri diritti.
In opposizione, sempre, a qualsiasi forma di oppressione e autoritarismo, ha immaginato soluzioni alternative a un sistema sociale che riteneva arretrato e inadeguato e saputo tradurre la sua capacità immaginativa in azione civile e politica.
Ha militato nel Movimento di Liberazione delle Donne, è stata Fondatrice e Presidente del CISA – Centro Informazione Sterilizzazione e Aborto, e guidato, nel Partito Radicale, la battaglia contro l’aborto clandestino per cui è stata anche arrestata.
Tante le lotte che l’hanno vista in prima linea: l’obiezione di coscienza alla leva obbligatoria, i diritti delle persone omosessuali, la riforma carceraria e, soprattutto, l’impegno ecologista.
Il suo libertarismo di natura anarchica non si esauriva nella protesta, ma si incanalava puntualmente in un’attività costruttiva, sebbene vissuta sull’orlo della disobbedienza, organizzata dal basso e destinata a suscitare reazioni piuttosto dure.
Nata a Pontebba, Udine, il 13 novembre 1920, in una famiglia di intellettuali antifascisti di origini biellesi, era cugina di Rina Faccio, meglio nota come Sibilla Aleramo.
Laureata in Lettere e Filosofia all’Università di Genova, era stata assistente per diverse cattedre per poi abbandonare la carriera universitaria.
Ha fatto della rivoluzione uno stile di vita e da partigiana era nota col nome di battaglia Vittoria.
Trasferitasi a Barcellona, si era specializzata in Filologia Romanza diventando l’editrice della rivista clandestina Occident. Ha abbracciato la resistenza non-violenta nella Spagna franchista, esperienza che ha segnato un passo avanti nel suo processo di maturazione ideologica e politica.
Rientrata in Italia aveva ripreso l’insegnamento convinta del fatto che la scuola debba essere un luogo vivo, capace di coinvolgere le nuove generazioni discutendo dei temi concreti della vita.
Successivamente è andata a vivere a Milano e ha collaborato con numerose riviste d’avanguardia come Il Canguro, Il Discanto, La via femminile. Ha lavorato per Treccani e Mondadori e tradotto autori spagnoli e sudamericani.
Fuori dalle regole precostituite, è stata tra le prime persone a vivere nelle comuni, ha cresciuto un figlio senza padre e, in anni di fermento e possibilità, ha provato a smantellare e rimodellare la realtà che non le piaceva.
Negli anni Settanta ha incontrato il femminismo e il Partito Radicale ed è iniziata la lunga battaglia per la liberalizzazione dell’aborto.
Iniziando a collaborare con l’Aied, associazione promotrice di clamorose iniziative mirate alla diffusione della contraccezione, nel 1973 ha contributo a fondare il Cisa che agiva nella sede del partito e che praticava aborti a basso costo e in sicurezza, con tutta l’assistenza psicologica necessaria a ribaltare una concezione colpevolistica patriarcale.
L’ente è stato, in quegli anni, un fondamentale punto di riferimento per moltissime donne. Le cliniche collegate all’organizzazione sfidavano la legge, operando alla luce del sole, è stata la prima realizzazione concreta di uno spazio autonomo nel quale le donne potevano confrontarsi e solidarizzare, in cui potevano essere ascoltate e riconosciute come abitatrici di un dramma e non criminali. Èstato anche lo strumento di un’esplicita e consapevole provocazione politica.
Con la sua azione di disobbedienza civile, Adele Faccio ha fatto esplodere, portandola all’attenzione dell’opinione pubblica, la scandalosa piaga del mercato degli aborti clandestini.
Il 26 gennaio 1975, durante una conferenza stampa tenuta al Teatro Adriano a Roma, ha dichiarato pubblicamente di aver interrotto volontariamente una gravidanza e si è fatta arrestare in maniera plateale. Ha trascorso 36 giorni nel carcere di S. Verdiana a Firenze, dove ha svolto campagna di sensibilizzazione tra le detenute. Marco Pannella aveva scioperato per la sua scarcerazione.
La notizia, riportata da tutta la stampa, che apriva tutti i telegiornali, fece gran clamore, scuotendo il paese e dando un’eco incredibile al valore politico delle attività svolte per tutelare la vita delle donne. È stato un punto di non ritorno per una questione che non poteva più essere procrastinata dalle istituzioni.
Nella seconda metà degli anni Settanta, è stata anche deputata alla Camera per tre legislature, nelle file del Partito Radicale, battendosi senza risparmiarsi fuori e dentro il palazzo provando ad attuare una rivoluzione culturale, nelle fabbriche e nelle cucine, come nelle camere da letto. Si è fatta promotrice del referendum per la legalizzazione per l’aborto, battaglia culminata con la Legge 194 del 1978, che una volta attuata, ha contestato perché irrispettosa nei confronti delle donne in quanto rimaneggiata per avere anche il consenso della Democrazia Cristiana che si era opposta al punto da far cadere il governo.
Prima della scadenza del suo ultimo mandato si è dimessa per allargare i confini del territorio della lotta, per cercare soluzioni per la salute generale del pianeta, allacciare contatti e verifiche in maniera più ampia. Si è dedicata completamente alla lotta ecologista e, nel 1989, ha contribuito a fondare i Verdi Arcobaleno auspicando un’assunzione di responsabilità trasversale a tutti i partiti sulla grave deriva in cui il pianeta si stava incamminando.
Ha scritto diversi libri: La guerra per bande, del 1961; nel 1975 sono usciti L’albero della libertà, (Raccolta di poesie, dedicata a Emma Bonino), Il reato di Massa e Le mie ragioni (conversazioni con 70 donne); Fuga dal tempo 1957 (Raccolta di poesie e disegni originali), del 1980 e Una strega da bruciare del 1981.
Nell’ultimo, mescolando dati autobiografici e motivazioni politiche, racconta il dipanarsi di vicende ed emozioni sul filo della sua natura ribelle. La lotta per l’affrancamento delle donne dal sistema patriarcale è stato il punto di arrivo di un percorso tutto inteso a contrastare un’organizzazione sociale coercitiva, fondata sull’«oppressione delle masse», sulla mistificazione, sulla violenza delle armi e ancora più sull’estraneità fra gli esseri umani. Si è fatta interprete di un femminismo capace di combattere non solo una legislazione contro la donna ma soprattutto una mentalità diffusa che ne impediva espressione e sviluppo autonomi.
Si è spenta l’8 febbraio 2007 a Roma dopo aver speso la sua vita per difendere le libertà delle persone e del pianeta in maniera coerente, lineare e sempre politica.
La non violenza per me è un’arte che dovremmo imparare tutti per conquistare quel grado di civiltà che non possediamo ancora.