Sono una ragazza di novantatré anni che ha avuto una vita intensa, sempre in collera con il corso del mondo e le sue inique storture.
Da tutte le parti questo corpo che mi abita e che abito sfugge e mi torna, come se fosse l’anguilla della mia coscienza, un’anguilla attaccata a me.
Le mani sono sempre in mezzo, visibili, non te le puoi scordare. Mi dicono che il corpo se ne sta andando. Lui se ne va. Non io. Daccapo non siamo insieme. Lo guardo e sono indignata di quel che sta facendo. Il corpo che non si percepisce non conta.
Sul serio. Quello che ti ammazzerà – prima o poi capita a tutti – è come un killer che se ne va per strada e quando ti incontra ti spara.
Non è cosa tua. Perciò non vado letta come se comunicassi una notizia. Non c’è notizia. La notizia c’è nell’invecchiamento, che si vive.
Muta il tempo, sono meno distratta, penso che c’è qualcosa che non vedrò e non mi duole più: ero una turista efferata, correvo a non perdere niente.
Ho corso sempre, continuo a correre per capire – mi restano da capire un mucchio di cose, mi seccherebbe non capirle.
Quelli come me sono vissuti come una tessera del mosaico del mondo, sarà stata la guerra mondiale o il comunismo, in ogni modo è un bel vivere, non mi sono annoiata mai.
Rossana Rossanda – scrittrice, traduttrice, dirigente del PCI negli anni cinquanta e sessanta, fondatrice de Il Manifesto.
#unadonnalgiorno