“Da quando te ne sei andata, la casa è come se fosse sepolta sotto terra. Non ho voglio di fare nulla. Ho un nodo alla gola che non diventa un urlo, che si è bloccato in questa dannata gola. Ho gli occhi fissi sul telefono. Non vanno avanti queste giornate paralizzate.
La notte come il giorno, è piena degli incubi della tua assenza.
Le rugiade delle lacrime urlano l’arrivo dell’alba… domani è domenica e sono felice di andare nella chiesa di Evin e vedere il mio Gesù sul crocefisso e le sue lacrime innocenti da dietro il vetro… e il dolore corre sulle mie ossa e brucia il mio cuore per il cerchio nero sotto i tuoi occhi.
So che lì è piccolo per il tuo cuore libero, per il tuo pensiero curioso che corre come un coniglio tra i rovi di more.
Ricordo la tua infanzia. Quando cadevi a terra e mi guardavi per vedere la mia reazione e io ti sorridevo sempre e tu ti rialzavi sempre. Massaggiavi le ginocchia e, senza versare una sola lacrima, continuavi il tuo percorso.
So che sei così forte che anche questa volta ti rialzerai e continuerai.
Perché tutte le strade sono state costruite per te, perché tu potessi correre e cadere a terra, e ti potessi rialzare sempre, figlia mia adorata.”
Questa lettera è stata scritta dalla mamma di Assal Mohammadi, attivista dei diritti di lavoratori e studentessa di farmacologia dell’università di Teheran, condannata a 18 anni di galera.
Assal Mohammadi è stata trasferita nella prigione di Evin due mesi fa, sconterà lì la sua pena.
#unadonnalgiorno