Maria Lai è stata una delle voci più singolari dell’arte italiana. È, senza dubbio, l’artista più importante della Sardegna.
Nacque a Ulassai, in provincia di Nuoro, il 27 settembre 1919.
Di salute cagionevole, durante l’infanzia visse a casa di zii senza figli, e saltò vari anni scolastici. Nell’isolamento forzato, scoprì la sua attitudine per il disegno. Erano anni difficili vissuti in una terra isolata, caratterizzati da grande miseria e sofferenza. Varie tragiche vicende familiari sconvolsero la sua infanzia, il suicidio dello zio accusato di omicidio, la morte della sua sorella minore Cornelietta, nel 1933. In quest’occasione, in mancanza di foto della piccola defunta, la giovane Maria posò come modella per la statua sulla lapide fatta da Francesco Ciusa, famoso scultore sardo. Fu allora che vide per la prima volta la bottega di un artista e rimase profondamente affascinata da quell’atmosfera.
Frequentò le scuole secondarie a Cagliari, dove il suo maestro d’italiano scoprì la sua sensibilità artistica instradandola probabilmente a quella che sarebbe stata la sua carriera futura.
Nel 1939, nonostante le grandi difficoltà economiche della famiglia, si iscrisse al Liceo Artistico di Roma, dove si distinse per il suo segno maturo, estremamente essenziale e rapido.
Dopo il liceo frequentò l’Accademia di Belle Arti di Venezia, unica donna a studiare scultura con Arturo Martini, esperienza non certo facile ma che si riscoprirà in futuro molto fruttuosa. La seconda guerra mondiale le impedì il ritorno sulla sua isola natale.
Nel 1945 tornò in Sardegna in modo rocambolesco, su una scialuppa di salvataggio dal porto di Napoli a quello di Cagliari.
Si trasferì a Roma nel 1956, dove fu a contatto con le ricerche artistiche sue contemporanee, prima l’Informale e poi, nel decennio successivo, l’Arte Povera e Concettuale. Filtrò queste suggestioni elaborandole con la sua individuale sensibilità.
Nel 1957, tenne la sua prima mostra personale alla galleria L’Obelisco.
Gli anni sessanta furono un periodo di intense collaborazioni ma cominciò gradualmente a allontanarsi dagli ambienti artistici per avvicinarsi sempre più agli ambiti della letteratura e della poesia. Fondamentale fu l’incontro con Giuseppe Dessì, grande scrittore sardo, che ricoprì un ruolo fondamentale nella sua formazione artistica, facendole riscoprire il valore delle leggende e della storia della Sardegna.
La relazione con le tradizioni della sua terra natale divenne centrale nel lavoro di Maria Lai. Il suo percorso fu il recupero del passato per indagare il futuro.
Accanto al disegno, la sua produzione si arricchì di soggetti e materiali vicini alla cultura millenaria e popolare, come nel caso delle sculture di pane, elemento deperibile e legato alla quotidianità e al lavoro femminile.
Negli anni settanta, realizzò anche una serie di opere centrali per lo sviluppo del suo linguaggio, i Telai, opere in cui pittura e scultura si incontravano e dove la tradizione della tessitura si aprì a nuove potenzialità. La struttura stessa del telaio, i filati e la disposizione della trama e dell’ordito furono gli elementi che l’artista interpretò rielaborandole con assoluta libertà compositiva, evocando l’intimità e la cura quotidiana di un mondo di gesti femminili, producendo opere in cui astrazione e paesaggio, colore e materia, gesto e composizione si fondono tra loro.
Seguirono le Geografie alla fine degli anni settanta. Un racconto organizzato intorno a ampie composizioni realizzate con stoffe e ricami che rappresentano pianeti, geografie e costellazioni immaginarie. I Libri rappresentano uno degli aspetti più noti della sua produzione artistica.
Nel 1978, presentò il famosissimo Libro Scalpo alla Biennale di Venezia.
Il legame tra tessitura, ricamo e scrittura, intenso e profondo, era l’eco di una relazione antica che evocava gli albori della narrazione.
In tutta l’opera di Maria Lai, il gesto della tessitura è una meditazione condotta in solitudine, una riflessione intima sul senso della comunità, della storia e della tradizione, il tentativo poetico di ricostituire un legame tra un passato arcaico e un presente in cui la memoria e la sua trasmissione appaiono perdere valore.
La sua percezione con la comunità, il ricordo e le relazioni trovò una summa nei suoi interventi ambientali.
La sua opera più importante è stata l’installazione Legarsi alla montagna (Ulassai, 1981), opera-azione che univa un’intera comunità attraverso esili fili colorati. Il progetto nacque a partire da una leggenda del paese secondo cui una bambina si era salvata la vita afferrando un nastro azzurro. L’evento, della durata di tre giorni, consistette nel legare fisicamente, con dei nastri dalla lunghezza complessiva di 27 chilometri, gli abitanti di Ulassai, alle case, alle porte e alle vie del paese stesso.
Collegando l’intero paese dimostrò che l’arte era riuscita là dove religione, interessi e politica non erano mai riusciti.
A partire dagli anni Novanta diede vita a una serie di interventi di arte pubblica che, grazie a una visione programmatica, riuscirono a trasformare Ulassai, il suo paese natale in un vero e proprio museo a cielo aperto, recentemente riconosciuto sito di interesse culturale. Realizzò installazioni effimere e opere in molte città italiane, il suo lavoro cominciò a essere molto apprezzato a livello internazionale.
Nel 2006 ha inaugurato il Museo Stazione dell’Arte, dedicato alle sue opere che ne raccoglie una parte considerevole. Dopo il successo del museo, i suoi lavori oggi sono nelle collezioni permanenti delle istituzioni di tutto il mondo, New York, Roma, Venezia, Parigi.
Negli ultimi anni della sua vita ha vissuto e lavorato nella casa di campagna a Cardedu, dove è morta il 16 aprile 2013.
Maria Lai è stata una grande artista che ha saputo creare, in anticipo sulle ultime ricerche di arte relazionale, un linguaggio capace di coniugare sensibilità, tradizioni locali e codici globali.
La sua arte era pubblica, spesso effimera, con l’obiettivo di creare relazioni, di unire le persone alla loro storia per un futuro differente e migliore.
Gli elementi più importanti della sua ricerca sono stati: la poesia, il linguaggio, la parola, la cosmogonia, la vocazione pedagogica del “tenere per mano”.
Negli ultimi anni la visibilità internazionale dell’artista è quadruplicata sia da un punto di vista dell’attenzione dei curatori e delle istituzioni che del mercato e dei collezionisti.
Nell’arte di Maria Lai traspare un radicale attaccamento alla sua regione, al suo territorio così come alla mitologia sarda. Il coinvolgimento della collettività e il rapporto con la comunità sono tratti caratteristici della sua ricerca e poetica.
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