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Elsa Morante. Una vita per la letteratura

Elsa Morante. una vita per la letteratura

Elsa Morante scrittrice, poeta e traduttrice italiana, è stata tra le più importanti narratrici del secondo dopoguerra.

Prima donna a essere insignita del Premio Strega nel 1957 con il romanzo L’isola di Arturo, è l’autrice del romanzo La storia, che figura nella lista dei cento migliori libri di tutti i tempi, stilata nel 2002 dal Club norvegese del libro.

La sua poetica e il suo stile riutilizzano tematiche e modelli narrativi del romanzo ottocentesco.

Nel  panorama letterario a lei contemporaneo spicca per la sua estrema indipendenza da qualsiasi corrente o gruppo. Il suo bagaglio di letture, vastissimo, eterogeneo, la capacità di rielaborare archetipi e modelli nel suo personalissimo stile e i suoi indimenticabili personaggi fanno di lei una figura di intellettuale che ha modellato  coscienza e sensibilità nel corso delle esperienze della vita.

Celebre, una sua definizione stroncante di Benito Mussolini.

Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt’al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po’ ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile, e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare“.

Elsa Morante nasce a Roma il 18 agosto del 1912, dalla relazione tra Irma Poggibonsi, maestra ebrea, e l’impiegato postale Francesco Lo Monaco. Viene però riconosciuta da Augusto Morante, marito della madre, da cui prende il cognome.

Ama la scrittura da subito, ancora adolescente, scrive filastrocche e favole per bambini, poesie e racconti brevi, che a partire dal 1933, e fino all’inizio della seconda guerra mondiale, sono stati pubblicati su vari periodici. Terminato il liceo va a vivere da sola, iscrivendosi alla facoltà di Lettere, che presto deve abbandonare per problemi economici. A partire dal 1935 si guadagna da vivere con la redazione di tesi di laurea, dando lezioni private di italiano e latino e collaborando con alcuni periodici.

Importante è la sua esperienza al settimanale “Oggi”, a partire dal 1939, dove scrive con gli pseudonimi di Antonio Carrera, o semplicemente firmandosi Renzo o Lorenzo Diodati.

Grazie al pittore Capogrossi, nel 1936 conosce Alberto Moravia, il grande scrittore romano, sarà una storia d’amore tra le più travagliate e romanzate di sempre.

Il primo libro di Elsa Morante è del 1941, una raccolta di storie giovanili, dal titolo “Il gioco segreto“. L’anno dopo pubblica “Le bellissime avventure di Caterì dalla trecciolina“, un libro di letteratura per ragazzi, di cui cura anche le illustrazioni e che nel 1959, verrà editato con un titolo diverso: “Le straordinarie avventure di Caterina“.

Il 14 aprile del 1941 sposa Alberto Moravia grazie al quale conoscerà e intratterrà rapporti con i massimi artisti italiani del Novecento: Pier Paolo Pasolini, Umberto Saba, Attilio Bertolucci,  Giorgio Bassani, Sandro Penna e Enzo Siciliano.

Nel 1943 è costretta a rifugiarsi sulle montagne di Fondi, col marito indiziato di antifascismo. Nell’estate del 1944, la coppia ritorna a Roma. Il loro rapporto è sempre in costante tensione, un alternarsi di momenti belli e brutti, il bisogno di autonomia e una forte esigenza di protezione e di affetto. Andavano avanti fra liti, tradimenti di entrambi, un sodalizio smagliante e furibondo.

Nel 1948, il suo primo romanzo “Menzogna e sortilegio” vede la luce grazie all’opera di Natalia Ginzburg. Il libro vince il Premio Viareggio e viene anche tradotto negli Usa nel 1951.

Tra il 1951 e il 1952 tiene alla radio una rubrica di critica cinematografica, che si conclude con le sue dimissioni a causa di un atto di censura subito dalla dirigenza RAI.

L’isola di Arturo” del 1957 vince il Premio Strega e ispira l’omonimo film diretto da Damiano Damiani. La storia, sempre raccontata in prima persona, dell’adolescenza del protagonista, Arturo, sull’isola di Procida, in un luminoso mondo ciclico, ritmato dalle stagioni e dalla natura, che il giovane abbandonerà dopo l’amore impossibile per la matrigna Nunziata e la conoscenza di un padre vissuto come una divinità sempre sfuggente e inaccessibile.

Negli anni ’60 è sempre accanto a Pasolini durante la lavorazione dei suoi film, farà anche un cameo nel film “Accattone“, dove interpreta una detenuta. Ma sono soprattutto gli anni che la vedono nel pieno di una crisi artistica senza precedenti. In questo decennio, viaggia molto, Russia, Cina,  Brasile e India, dove andrà sia accompagnata da Moravia che da Pasolini.

Si distacca dal marito, ufficialmente dal 1961, nutre amori per uomini impossibili, per Luchino Visconti e Bill Morrow, pittore newyorkese che morirà precipitando da un grattacielo nel 1962. Avrà amicizie grandiose e infime, prima fra tutte quella con Pier Paolo Pasolini, destinata a «spezzarsi nel risentimento e nella vendetta letteraria».

Arriva nel 1974 quello che viene considerato il suo capolavoro, il romanzo “La storia“. È un successo popolare, agevolato dal suo stesso volere di farlo uscire direttamente in edizione economica.

Il libro viene anche criticato in maniera caustica da molta parte della critica militante, considerato troppo populista, perché l’autrice affianca la storia ufficiale della seconda guerra mondiale (rappresentata in liste di avvenimenti in ordine cronologico) con la storia di una coppia insolita ma inscindibile, la maestrina Ida e il suo figliolino Useppe, nella Roma occupata dai nazisti. Questo romanzo ponderoso ha il fascino cinematografico del susseguirsi di inquadrature della vita quotidiana dei tanti personaggi vittime della Storia, che cercano attraverso dialoghi scarni eppure straordinari il senso della loro vita e della esperienza che condividono: gli ebrei, i giovani mandati alle armi o in fuga, gli sfollati. La lingua utilizzata si rivolge a quelli che Morante, nel saggio sul Beato Angelico, definisce gli “idioti”, ovvero coloro il cui intelletto è confinato nella dimensione del tempo e dello spazio; la scrittura è caratterizzata dal connubio efficace fra immediatezza della comunicazione quotidiana e ricerca di uno stile che colga tutte le sfumature del reale.
La trama è tessuta dalla voce di un narratore onnisciente, e come sempre non manca la presenza benefica del mondo animale. L’influenza del pensiero di Simone Weil è evidente in diversi punti.

Aracoeli del 1983 è il suo ultimo romanzo: il viaggio dantesco di un solitario protagonista maschile, Manuele, alla ricerca del suo paradiso perduto, la madre andalusa, Aracoeli. La borghesia con i suoi falsi valori viene smantellata, così come tutte le illusioni di rivoluzione del ’68: la società descritta, sia quella degli anni dell’infanzia del protagonista, durante il fascismo, sia quella della sua maturità, negli anni ’70, ha le sembianze di un quadro futurista o di una perversa immagine circense.

Gli ultimi anni della sua vita subisce un intervento chirurgico e perde l’uso delle gambe, cosa che mina ulteriormente il suo stato psichico. Nell’aprile del 1983, tenta il suicidio aprendo i rubinetti del gas, a salvarla è una domestica.

In seguito all’appello di Moravia per ottenere un contributo dallo stato per le costose cure di Elsa Morante, all’epoca in ristrettezze economiche, viene varata la discussa legge Bacchelli.

Il 25 novembre del 1985, a seguito di un nuovo intervento di chirurgia, Elsa Morante muore di infarto in una clinica di Roma all’età di 73 anni.

Elsa Morante, narratrice nata, ha offerto appassionatamente tutta la sua esistenza alla letteratura.

Nei suoi libri ha raccontato la resistenza disperata dei deboli, quelle zone oscure dell’animo che collegano le storie dell’individuo alla grande Storia. Perseguiva con caparbia volontà l’impegno di essere scrittrice selvatica e anarchica ma soprattutto «popolare». Una scrittura, la sua, che si insinua nei meandri della passione, del delirio, del terrore imposto o subíto, per celebrare il trionfo dell’immaginazione sulla deperibilità e sui compromessi triviali del mondo. Come ha scritto René de Ceccatty nel suo libro Elsa Morante. Una vita per la letteratura.

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