Emma Carelli, personaggio leggendario e dimenticato è stata cantante lirica e attrice, prima donna in Italia a gestire un teatro d’opera, riuscendo a imporre la propria personalità in un ambiente dominato da soli uomini.
Vissuta a cavallo fra l’800 e il 900, (nasce nel 1877, muore nel 1928 a 51 anni) figlia della borghesia napoletana, la sua casa era frequentata da tanti esponenti del mondo della cultura, come Matilde Serao. Nella sua carriera artistica mandò in delirio le folle dei maggiori teatri italiani e dell’America latina, dove le sue tournée erano veri e propri trionfi.
La sua Tosca a Buenos Aires, nel giugno del 1900, fece epoca.
Emma Carelli era una donna “troppo” emancipata per i suoi tempi che in breve il regime fascista estromise e annientò.
Ricca e colta, figlia di un professore di musica e compositore, sposò a 21 anni Walter Mocchi, sindacalista socialista rivoluzionario fondatore fra l’altro, con Arturo Labriola, della rivista L’avanguardia socialista sulla quale firmava fra gli altri un giovane Mussolini. Un legame che le segnò la vita fino a essere causa indiretta, nel 1904, di un suo tentativo di suicidio.
Ma il suo talento, la sua tempra (D’Annunzio l’aveva battezzata bipede leonessa) riuscirono ad imporsi sulla diffidenza politica che la circondava in virtù del matrimonio e la imposero come una delle regine mondiali del palcoscenico.
Dal 1907 il marito abbandonò la politica e si trasferì in America Latina a fare l’impresario teatrale. Mise in piedi una grande organizzazione che nel giro di pochi anni ottimizzò gli spettacoli fra i maggiori teatri situati ai due lati dell’Atlantico e piano piano coinvolse nell’operazione anche il Teatro Costanzi di Roma. Emma Carelli assunse la gestione del teatro cercando di conciliare i due ruoli di cantante e di manager. Ma dopo pochi anni smise di calcare le scene per fare l’impresaria. Era il 1912. Le donne sono erano albori delle loro lotte di emancipazione. In questo mondo il ciclone Carelli travolse ogni schema.
Era una donna che si permetteva di dare consigli a Toscanini, di sfidare i gerarchi che pretendevano di entrare gratis a teatro con tutte le famiglie. Una “ragioniera”, che sapeva far quadrare i conti risparmiando anche sui bottoni dei costumi. Un’innovatrice che negli anni in cui cominciava a calare il buio della Guerra, portò per la prima volta in Italia, la luce dell’arte: Picasso che, nel foyer del teatro espose per la prima volta un suo dipinto in Italia oltre a firmare i costumi de Il cappello a tre punte; i Balletti russi; i Futuristi; esecuzioni storiche del melodramma italiano come la prima del Trittico di Puccini.
La sua gestione illuminata del Costanzi durò dal ’12 al ’26.
Da regina indiscussa del mondo culturale della capitale, venne scalzata dal trono per vari motivi, l’invidia da parte di Pietro Mascagni, le maldicenze, i rapporti falsi della polizia politica che cominciarono a denunciarla come critica e avversaria del regime fascista che, a partire dal ’24, dopo l’assassinio Matteotti, assunse pienamente il volto feroce della dittatura.
E anche tanto maschilismo represso che eruttava nel denunciarne il carattere di donna indomita, autonoma, modello alternativo all’ideale di donna-madre tanto strombazzato dal regime.
Le donne che durante la guerra erano emerse come pilastro della società, mentre gli uomini erano al fronte, venivano ricacciate nei ranghi.
Quando il regime decise di costruirsi a Roma il Grande Teatro, le sfilò il suo Teatro, liquidandola. Morì, due anni dopo, in un incidente di auto, tradita definitivamente anche dal marito che in America Latina aveva “scoperto” una giovane soprano brasiliana.
Nell’Italia che si avviava verso il regime autoritario, Emma Carelli vide la fine del suo teatro, del suo matrimonio, del suo ruolo da protagonista nel mondo dello spettacolo. Morì in modo cruento Il 17 agosto 1928, ritornando a Roma da Siena, in un incidente automobilistico
Emma Carelli, soprano acclamato nei primi del Novecento fino in Sudamerica che riuscì a trionfare come impresaria in un ambiente dominato esclusivamente dagli uomini. Libera, emancipata: troppo per quell’epoca. Tanto che perse tutto. Cantava e sbraitava. Aveva una voce che faceva sognare il pubblico di tutto il mondo e due braccia forti che riuscivano a guidare su e giù per l’Europa la sua adorata Lancia Lambda.
Un resoconto segreto redatto dalla polizia fascista recitava: “Come donna ha sviluppato un carattere indipendente che le fa assumere atteggiamenti di superiorità verso chicchessia”.
Emma Carelli era una forza della natura. Con un coraggio e un’indole impetuosa che l’hanno resa protagonista e vittima di un’epoca.
Diceva sempre che amava tre cose. Il marito, che poi diventò fascista e la tradì con altre donne e con il Regime. Il teatro e la sua macchina che, ripeteva, “un giorno mi ucciderà”. E così fu.
Interprete tra le più acclamate del suo tempo, rivelò nel corso della sua relativamente breve carriera un temperamento versatile che le consentì di affrontare un repertorio vastissimo.
Una donna eccezionale. Una grande cantante. Una diva. Una prima donna. Una soprano che incantava le folle. Una donna innamorata. Una moglie tradita. Ma anche una grande imprenditrice. Una prima donna manager. Una intellettuale in sintonia con lo spirito dei suoi tempi. Una donna orgogliosa. Una donna che reclamava e affermava i diritti delle donne. Una donna in anticipo sui tempi. E per questo, alla fine, una donna abbandonata e messa da parte.
#unadonnalgiorno