Aminata Dramane Traoré, politica e e scrittrice maliana è una delle voci più lucide e autorevoli capaci di esprimere le sofferenze e le speranze dell’Africa contemporanea.
Nata a Bamako nel 1947, ha vissuto l’arrivo dell’indipendenza, seguita dal socialismo, dalla dittatura, dal partito unico, dalla corruzione e dalla democrazia. Si è laureata in Francia all’Università di Caen con un dottorato in Psicologia Sociale. È stata ricercatrice in scienze sociali all’Università di Abidjan, Costa d’Avorio, dal 1975 al 1988, e poi presso il ministero degli Affari femminili della Costa d’Avorio. Ha lavorato dal 1988 al 1992 in un programma volto a promuovere il ruolo delle donne e delle comunità svantaggiate nella gestione dell’acqua e dei servizi igienico-sanitari. Percorso che, sostiene, le ha insegnato a comprendere meglio il rapporto di causa e effetto tra le realtà interne dei paesi africani e l’ordine mondiale.
Fondatrice del Forum Sociale Africano, è autrice di libri tradotti in inglese e italiano. Da anni denuncia le storture del liberismo e l’impatto sulle popolazioni dell’Africa, considerato come responsabile del mantenimento della povertà in Mali e in Africa.
È stata ministra della cultura e del turismo del Mali tra il 1997 e il 2000, posizione da cui si è dimessa “per mantenere la sua libertà di parola“.
Collabora con diverse organizzazioni nazionali e internazionali.
Nel luglio 2005 è stata scelta per far parte del Consiglio di amministrazione del Servizio stampa internazionale. Nello stesso anno, ha presieduto la Commissione organizzativa per il Forum sociale mondiale a Bamako.
Ha ricevuto innumerevoli premi e onorificenze, in Europa e in Africa.
Aminata Traorè è una delle voci intellettuali africane più note alla ricerca di una nuova alternativa contro la libera globalizzazione. Si dichiara una “musulmana praticante oltre che una donna moderna” scegliendo di ignorare fortemente i cliché occidentali sulle donne africane. Attualmente è la coordinatrice del Forum per un altro Mali (FORAM) e direttrice del Centro Amadou Hampaté Bâ (CAHBA).
Si occupa di aumentare la consapevolezza sugli africani, organizzare la resistenza alla globalizzazione neoliberista e proporre alternative contro la sottomissione degli Stati africani a nazioni ricche e istituzioni finanziarie internazionali. Dedica la sua vita a viaggiare in tutto il mondo per difendere gli interessi del suo popolo e per denunciare il dominio del mondo occidentale sull’Africa.
Scrittrice e saggista, è autrice di: L’étau (l’Afrique dans un monde sans frontières), 1999; Mille tisserands en quête d’avenir, 1999; Le Viol de l’Imaginaire, 2004; Lettre au Président des français à propos de la Costa d’Avorio e dell’Africa en génèrale, 2005; e L’Afrique humiliée, 2008.
Sul campo, si occupa di micro-realizzazioni nel campo della cultura, della riabilitazione delle infrastrutture nei quartieri svantaggiati, incluso il suo, nonché della promozione di tessuti e artigianato africano.
Sostiene che la crisi migratoria è principalmente il sintomo del fallimento dell’imposizione forzata del sistema di libero mercato.
I paesi europei hanno urgente bisogno di impossessarsi delle ricchezze dei paesi di origine di questi uomini, di queste donne e di questi bambini che sono stati obbligati a migrare. Quelli che senza alcun scrupolo organizzano la caccia all’uomo in quei paesi, nel mare, nel deserto sono i principali responsabili dell’impoverimento di queste popolazioni. Si occultano completamente le cause storiche e strutturali dell’espulsione di questi uomini e donne dei loro territori, e soprattutto la responsabilità dei paesi europei nella distruzione degli ecosistemi, del tessuto economico e sociale che spinge queste popolazioni all’esilio.
Si parla di “migranti economici” come se oggi il commercio non avesse anche la forma di una guerra imposta a questi popoli. Il libero mercato è la principale causa del destino di tutti i migranti, siano essi latinoamericani o africani. Gli unici a essere stati criminalizzati sono i migranti con il pretesto che non avrebbero le opportunità economiche di tornare a casa loro, quando sappiamo perfettamente che nei loro paesi lo stato sociale, i servizi e i beni pubblici sono stati distrutti dai piani di aggiustamento strutturali ed economici per le strategie del libero scambio. Il risultato di tanti decenni di cooperazione e accordi economici europei, ha portato a una situazione ingovernabile.
Le conseguenze delle ingerenze europee in Libia e Siria ora si riversano sui dirigenti e leader europei, che si rivolgono alle vittime di tutte queste situazioni, create fondamentalmente da loro stessi, dicendo: “Restate a casa! (vi aiutiamo a casa vostra). Ma come possono sopravvivere in queste economie di guerra che sono state imposte? Stiamo assistendo all’affondamento morale dell’Europa, del commercio internazionale e della finanza.
Le migrazioni sono conseguenze del cambiamento climatico, della siccità, dell’insicurezza alimentare che va ad aggravare situazioni già insostenibili. I migranti sono rifugiati di guerra ma anche climatici. L’immigrazione come problema per la sicurezza pubblica è il primo sintomo del fallimento della politica neoliberista che tutta l’Europa ha esportato nei paesi del Sud del Mondo.
#unadonnalgiorno