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Fatimah Hossaini

Fatimah Hossaini

La gente dimentica che nelle zone di guerra si può ancora trovare la bellezza, la cultura, la speranza, la pace. Voglio far vedere al mondo un altro Afghanistan possibile. È necessario ora più che mai. La fotografia è tutto ciò che mi rimane per aiutare il mio amato Paese.

Fatimah Hossaini fotografa e attivista afghana, esiliata per due volte,  utilizza colori vivaci per la sua appassionata narrazione identitaria e femminista che pone l’attenzione sulle donne afghane e la loro invisibilizzazione.

Il suo lavoro che è stato esposto in tutto il mondo, in mostre personali e collettive.

Ha vinto diversi premi tra cui quello per il miglior ritratto dell’Iranian Photography e miglior fotografa all’APFF Festival in Pakistan. È stata una delle più giovani vincitrici del prestigioso Hypatia International Award, per l’impegno nel campo della ricerca, dell’arte e delle professioni. Nel 2022 il Women’s Forum francese l’ha onorata come talento emergente e ambasciatrice delle giovani generazioni.

Nata il 16 febbraio 1993, a Teheran, dove la sua famiglia si era rifugiata durante la guerra sovietico-afghana, ha iniziato a dipingere quando aveva 14 anni e la pittura ha influenzato il suo modo di fotografare.

Si è laureata in ingegneria industriale e poi in fotografia all’Università di Teheran.

Tornata in Afghanistan nel 2013, ha realizzato numerosi reportage fotografici nel suo paese d’origine, nella Repubblica Democratica del Congo e in Asia Centrale.

Ha vissuto qualche anno tra Kabul e Teheran, ma nel 2018 aveva deciso di rientrare definitivamente. Ha insegnato presso la Facoltà d’arte dell’Università di Kabul fino al 2019, anno in cui ha fondato Mastooraat, organizzazione che promuove e sostiene donne, arte e pace.

Viveva una vita normale fino a quando, il 15 agosto 2021, i talebani hanno conquistato Kabul. Per continuare a esprimersi liberamente, ha chiuso subito casa ed è fuggita con solo uno zaino. Dopo aver dormito per giorni nell’accampamento dell’aeroporto, è riuscita a imbarcarsi su un volo militare francese diretto a Parigi.

Dopo aver completato una residenza presso la Cité Internationale des Arts in Francia, è entrata nella New School’s Class fellowship a New York e ha una residenza artistica presso l’Elizabeth Foundation for the Arts.

Sostenitrice dei diritti delle donne e delle persone rifugiate, le sue opere e articoli sono stati pubblicati in riviste ed emittenti televisive di tutto il mondo, come BBC, The Guardian, Aljazeera, Le Figaro Magazine, per citarne qualcuna.

Ama soprattutto ritrarre donne afghane in posa che rende icone di bellezza, resilienza e pace in un paese devastato da quarant’anni di guerra. Il suo sguardo cattura sguardi fieri e sorrisi avvolgenti di un’umanità nascosta.

I suoi scatti raccontano storie potenti di antiche tradizioni, minoranze etniche meno conosciute, segreti tramandati di madre in figlia. Sono immagini silenziose che urlano al mondo la forza delle donne afghane.

Andando oltre lo stereotipo delle vittime in una società maschilista, è interessata a far emergere diversità, femminilità e potenza così come le sue radici identitarie. Le sue immagini  custodiscono potenti storie e costumi secolari che altrimenti andrebbero dimenticati.

La fotografia è la sua forma di resistenza e denuncia, affinché la comunità internazionale non rimanga indifferente e non dimentichi la sofferenza della sua popolazione.

La sua personale, Beauty amid war, ha viaggiato tra New York, Pechino, Teheran, Parigi e Lecce. Insieme agli scatti realizzati in patria ci sono ritratti di donne esiliate in Francia come lei, raccontandone il coraggio e la resistenza.

Dalla mostra è stato tratto l’omonimo volume che racchiude un lavoro luminoso, pieno di amore e speranza che mostra un volto diverso dell’Afghanistan, rompendo i cliché della solita narrazione e portando al centro la bellezza.

Le sue foto ripercorrono la quotidianità e l’universo delle donne afghane pieno di colori e luce, raffigurate spesso nei loro habitat naturali, come protagoniste e non vittime.

 

 

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