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Flo Kennedy

Flo Kennedy

Studiando legge ho capito che più in alto miri, meglio riesci a sparare. Praticare la legge è stato per me la possibilità di cambiare la società o anche soltanto di resistere alle oppressioni. Concordo con tutti coloro che si vestono con ciò che il sistema proibisce loro di indossare.

Flo Kennedy, avvocata focosa, appariscente, tenace e irriverente, è stata un’icona dell’attivismo nero e un pilastro dei movimenti per la pace, per le rivendicazioni dei diritti delle donne e della comunità LGBTQ+ degli anni Sessanta e Settanta.

La nota femminista Gloria Steinem, sua amica e compagna di battaglie l’aveva definita una portavoce per la giustizia sociale scandalosa, fantasiosa, spiritosa e divertente.

Ha sfidato le norme sociali e le ingiustizie sistemiche, usando il suo acuto ingegno e intelletto come potenti strumenti per il cambiamento.

È stata una delle prime sostenitrici del femminismo intersezionale, ancor prima che il termine venisse coniato, convinta che il suo femminismo fosse imprescindibile dal colore della sua pelle e da tutto ciò che ne conseguiva.

Ha esortato a esaminare le tecniche di oppressione, etichettandole come una vera e propria patologia da comprendere in fondo per rispondere e smantellare sistemi e pratiche su cui si fondavano.

Nata col nome di Florynce Rae Kennedy l’11 febbraio 1916 a Kansas City, in Missouri, da Wiley Kennedy e Zella Rae Jackman, aveva imparato fin da bambina a far valere i suoi diritti guardando suo padre imbracciare un fucile per difendersi dalle incursioni del Ku Klux Klan.

Era ancora adolescente quando ha organizzato un boicottaggio contro un imbottigliatore della Coca-Cola che si rifiutava di assumere camionisti neri.

Dopo la morte della madre, nel 1942, si era trasferita a New York, dove viveva con sua sorella a Harlem. Specializzata in pre-legge alla Columbia, nel 1949, ha dovuto lottare e minacciare di denunciare il rettore che aveva rifiutato di ammetterla alla facoltà di giurisprudenza, prima di diventare l’unica studentessa nera tra le otto della sua classe.

Ai tempi dell’università le sue opinioni politiche si fecero sempre più chiare, portandola a schierarsi contro l’oppressione delle minoranze, il classismo e il sessismo. Si è laureata alla Columbia Law School nel 1951 e ha aperto il suo studio facendosi strada in un mondo occupato prevalentemente da maschi bianchi. Partita da cause matrimoniali è arrivata a difendere in tribunale Billie Holiday e Charlie Parker.

Arrestata per la prima volta nel 1965 mentre, non creduta dalla polizia, tentava di rincasare nel quartiere lussuoso in cui viveva, aveva concentrato la sua attenzione sulla lotta al razzismo e alla discriminazione.

Nel 1966 fa fondato l’associazione Media Workshop per sfidare e regolamentare la rappresentazione delle persone nere nei media e nelle pubblicità. Ha guidato la manifestazione contro l’agenzia pubblicitaria Benton & Bowles, colpevole di discriminazione nelle assunzioni.

Ha capeggiato boicottaggi e partecipato a tutte le conferenze del Black Power, per cui ha rappresentato H. Rap ​​Brown, Assata Shakur e le Black Panthers.

Ha anche difeso Valerie Solanas, accusata di aver tentato di uccidere Andy Warhol nel 1968. 

Importante è stato il suo ruolo nella protesta di Miss America del 1968, usata come strumento per dimostrare lo sfruttamento delle donne, dove ha difeso numerose donne che erano state arrestate.

Negli anni ’70 ha tenuto conferenze in giro per il paese con Gloria Steinem e fatto parte della National Organization for Women. Ha contribuito con il pezzo “Institutionalized oppression vs. the female” a Sisterhood is Powerful: An Anthology of Writings From The Women’s Liberation Movement, curata da Robin Morgan.

Nel 1971 ha fondato il Feminist Party, che nominò Shirley Chisholm presidente e contribuito a fondare il National Women’s Political Caucus.

Ha sostenuto il diritto all’aborto ed è stata co-autrice del libro Abortion Rap con Diane Schulder, assieme alla quale, nel 1969, ha rappresentato coloro che contestavano le leggi sull’aborto di New York in uno dei primi casi in cui si chiamarono a testimoniare come esperte donne che avevano sofferto di aborti illegali, anziché dei medici.

Ha lavorato per il Women’s Health Collective e per 350 querelanti in una causa sull’aborto a New York.

Nel 1972, ha accusato la Chiesa cattolica di evasione fiscale all’Internal Revenue Service, sostenendo che la loro campagna contro l’interruzione di gravidanza violava la separazione tra chiesa e stato.

Ferma oppositrice di ogni tipo di guerra, si è molto spesa contro il conflitto in Vietnam, coniando il termine Pentagon orrhea.

Nel 1973 ha fondato, insieme a Margaret Sloan-Hunter, la National Black Feminist Organization, che si è occupata di diritti riproduttivi e le campagne di sterilizzazione mirate a razze specifiche.

Nello stesso anno ha contribuito alla protesta, chiamata pee-in, contro la mancanza di bagni femminili all’Università di Harvard dove le studentesse versarono barattoli di urina finta sui gradini della Lowell Hall dell’università.

Nel 1976 ha pubblicato la sua autobiografia Color me Flo: My Hard Life and Good Times e collaborato con William Francis Pepper al libro Sex Discrimination in Employment: An Analysis and Guide for Practitioner and Student. 

Si è battuta per un ruolo di maggior rilievo delle donne nei media con la Women’s Institute for Freedom of the Press.

Il suo attivismo si è sviluppato anche nell’arte, è stata nel consiglio consultivo del Westbeth Playwrights Feminist Collective, gruppo teatrale newyorkese che produceva opere su temi femministi e recitato in film come The Landlord del 1970, nel dramma politico indipendente Born In Flames del 1983, diretto da Lizzie Borden, in Chi dice che non posso cavalcare l’arcobaleno al fianco di Morgan Freeman ed è apparsa nella serie TV Alcuni dei miei migliori amici sono uomini

È stata la narratrice nel secondo volume del film Come Back, Africa: The Films of Lionel Rogosin, che discuteva della storia afroamericana e dell’apartheid in Sudafrica.

Nel 1997 è stata insignita col Lifetime Courageous Activist Award,  l’anno seguente la Columbia University le ha consegnato l’Owl Award e nel 1999, ha ricevuto il Century Award dalla City University di New York. 

Si è spenta a New York, il 21 dicembre 2000, aveva 84 anni.

Questa incredibile donna con la grinta di una combattente e il look estremo, definita la bocca più grande, più rumorosa e, indiscutibilmente, la più maleducata sul campo di battaglia dalla rivista People, un faro per la lotta dei diritti civili, continua a essere a essere ricordata in opere che parlano del movimento delle donne come Mrs. America e The Glorias, film biografico del 2020 su Gloria Steinem. 

Sherie M. Randolph ha scritto la sua biografia dal titolo Florynce Flo Kennedy: The Life of a Black Feminist Radical.

 

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