Presiede l’organizzazione femminista Réseau Classe Genre Race, nata da un suo opuscolo del , intitolato Discriminazioni di classe/genere/razza, parametri di riferimento per comprendere e agire contro la discriminazione subita dalle donne a causa dell’immigrazione post-coloniale.
Insieme ad altre quattordici femministe, ha contribuito all’opera Sororité, diretta da Chloé Delaume, pubblicata in . Il suo testo si concentra su uno dei suoi argomenti preferiti, la lotta delle madri contro la criminalità infantile, che è stato anche l’argomento della voce che ha scritto nell’opera Feu, ABC dei femminismi attuali, diretta dalla filosofa Elsa Dorlin.
Ha contribuito anche alle raccolte After the Rain. Orizzonti ecofemministi e a Femminismi nel mondo, 23 racconti di una rivoluzione planetaria.
Nell’aprile 2022 ha co-firmato l’appello del quotidiano Elle intitolato “Marine Le Pen all’Eliseo? Per noi no!»
Nel marzo 2023 è uscito il suo libro Per un’ecologia pirata: E saremo liberi in cui auspica l’ampliamento di un fronte sociale ecologico e invita a ripensare il posto dei residenti dei quartieri operai in queste lotte, i rapporti di potere tra le razze, lo Stato francese e l’immigrazione post-coloniale.
Risale la rotta che conduce verso le periferie interne delle grandi città occidentali, con particolare attenzione a Parigi, tra le strade dissestate dei ghetti dove vivono i figli e le figlie di chi ha attraversato le frontiere per fuggire da fame, cambiamenti climatici e guerre. Attraversa i quartieri popolari definiti da nuovi muri, dove si respira poco ossigeno e molto odio, e dove la lotta per la sopravvivenza non ha ancora trovato tregua.
Il suo posizionamento è fortemente situato, parla da ricercatrice e attivista, da madre e donna di origine marocchina che attraversa gli svincoli autostradali, le palazzine e le scuole dimenticate del quartiere di Bagnolet a Parigi. Questa molteplicità di prospettive si traduce in una scrittura densa, capace di pensare per immagini, di muoversi tra draghi, pirati e storie per bambini, intrecciando il saggio, il pamphlet politico e la narrazione autobiografica.
Contro un’ecologia difensiva, che si limita a denunciare ciò che non funziona senza offrire una visione chiara della società che desideriamo per noi e per le generazioni del futuro, propone di ripartire dalla terra e dalla lotta contro l’alienazione e il disancoraggio forzato che milioni di persone vivono quotidianamente.
Se il movimento per la giustizia ambientale non affronta questo nodo cruciale rischia di perpetuare un rapporto coloniale con i quartieri e le classi popolari. In tal modo, rischia di affermarsi come un progetto compatibile con il sistema coloniale capitalista e con il mantenimento dell’ordine stabilito.
Per essere all’altezza delle sfide del presente, bisogna saper interrogare i sistemi di oppressione e dominio che contribuiscono alla distruzione del vivente, come i rapporti di subordinazione tra nord e sud del mondo, tra quartieri ricchi e poveri, tra classi dominanti e popolari.