Gabre Gabric, è stata una discobola italiana di origine croata.
È anche la prima donna che darà il nome a uno stadio d’atletica, a Brescia.
Padre austriaco, mamma russa, nata in Croazia nel 1914 sotto l’impero austroungarico è rimasta orfana di madre molto presto e ha trascorso l’adolescenza col padre negli Stati Uniti. Nel 1932, tornati in Dalmazia, si stabiliscono a Zara, allora territorio italiano. La passione per lo sport la accompagna sin dagli anni americani. Pratica canottaggio, nuoto, tennis e poi, dal 1934, l’atletica leggera.
Si qualifica al decimo posto nel lancio del disco alle Olimpiadi di Berlino dove, nel 1936, fa parte della squadra azzurra; è sesta agli Europei di Vienna nel 1938.
Poi la guerra interrompe ogni attività agonistica.
Nel 1941 si sposa con Alessandro Calvesi, allenatore degli ostacolisti azzurri.
Dopo la guerra, partecipa agli Europei di Oslo del 1946 e alle Olimpiadi di Londra del 1948.
Chiusa la fase agonistica si stabilisce a Brescia e nel 1950, col marito, fonda l’Atletica Brescia, punto di riferimento nazionale e europeo per il settore ostacoli. Tra i suoi allievi Eddy Ottoz, medaglia di bronzo alle Olimpiadi di Città del Messico 1968.
Insegna Educazione fisica e avvia allo sport migliaia di giovani donne e uomini. Giornalista per la Gazzetta dello Sport, nel 1960, ai Giochi di Roma, è capo dell’Ufficio stampa allo Stadio Olimpico.
Riprende anche a gareggiare, nella categoria Master (competizioni di atletica leggera riservate alle persone over 35), e conquista molti titoli europei e mondiali nel lancio del disco, nel getto del peso e nel tiro del giavellotto.
Gabre Gabric è stata scelta dal regista tedesco Jan Tenhaven per il suo documentario Autumn Gold: la vita di cinque ultra novantenni che praticano attività sportiva regolarmente e a un certo livello. Muore all’età di 101 anni il 16 dicembre 2015. Tutta una vita dedicata all’atletica, sportiva a tutto tondo, un grande esempio di impegno e entusiasmo.
Una petizione lanciata online recentemente ha richiesto che le venga intitolata la pista d’atletica di Brescia. È stata una pioniera, ha ricoperto ruoli dirigenziali all’epoca negati a una donna. Una sportiva fuori dagli schemi, ha continuato a gareggiare nonostante la gravidanza, sfidando se stessa e la società. Un grande esempio di impegno e entusiasmo per il mondo dello sport e dell’atletica leggera.
Che la parità di genere nello sport sia ancora lontana da raggiungere è un fatto assodato, basti pensare alla disparità dei premi in denaro nelle due categorie, ma l’uguaglianza passa anche per dettagli meno materiali, come la scelta di battezzare con il nome di un’atleta donna una struttura. Non esiste in Italia un solo stadio intestato a una donna.
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