Evelyn Hooker, psicologa statunitense è ritenuta una delle figure più influenti del movimento LGBT+.
Definita la Rosa Parks del movimento dei diritti delle persone gay, è riuscita, usando il metodo scientifico, a convincere l’America che l’omosessualità fosse una variante normale del comportamento sessuale.
Il suo studio “L’adattamento psicologico del maschio omosessuale dichiarato” pubblicato nel 1957 sulla rivista scientifica “Journal of projective techniques” è la fonte scientifica più frequentemente citata quando si discute della depatologizzazione dell’omosessualità.
Negli Stati Uniti, negli anni Cinquanta del secolo scorso, quando l’omosessualità era considerata un crimine dalla legge, un peccato dalla chiesa e un disturbo mentale dalla scienza, Evelyn Hooker ha realizzarto un semplice esperimento per dimostrare che le persone gay non sono affatto “malate”.
Il suo lavoro ha contribuito a dare credibilità scientifica alle battaglie condotte negli anni Sessanta dalle associazioni per i diritti delle persone LGBT+, aprendo la strada alla rimozione dell’omosessualità dal DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali), nel 1974, e alla sua cancellazione dall’elenco delle malattie mentali da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, nel 1990.
Evelyn Hooker nacque col nome di Evelyn Gentry a North Platte, in Nebraska, il 2 settembre 1907 in una famiglia numerosa e umile. I genitori, che non avevano studiato, spinsero i figli a farlo, per ottenere riscatto e rivalsa sociale. Da ragazzina era molto più alta delle coetanee e per questo presa in giro, ben presto ha conosciuto anche le ingiustizie di una società profondamente sessista.
Nel 1924, grazie a una borsa di studio, si è isscrisse all’Università del Colorado, per mantenersi, lavorava come domestica per una ricca famiglia della città. Nel 1930, laureatasi in psicologia, intendeva proseguire gli studi a Yale, ma l’università respinse la domanda di iscrizione perché proveniente da una donna. Non si è lasciata scoraggiare e ha continuato all’Università di Baltimora, dove, nel 1932, ha conseguito il dottorato in psicologia sperimentale.
Nel 1937 ebbe la possibilità di formarsi presso l’Istituto di Psicoterapia di Berlino, dove, ospite di una famiglia ebrea, è stata testimone del dilagare dell’antisemitismo.
Molte persone conosciute in quel periodo, compresi i membri della famiglia che la ospitava, trovarono la morte in un campo di concentramento. Prima di tornare negli Stati Uniti ha visitato l’Unione Sovietica, cosa che le ha fatto perdere l’incarico al College dove insegnava, perché sospettata di aver maturato opinioni politiche sovversive.
Nel 1939, ha fatto domanda per un lavoro nel dipartimento di psicologia dell’Università di Los Angeles, ma non fu assunta perché la facoltà contava già tre presenze femminili. Ma non si è scoraggiata e ha ottenuto una posizione da docente esterna fino al 1970.
Nel 1944, alla fine di una lezione, venne avvicinata da uno dei suoi studenti, Sam From, che le aveva confidato di essere omosessuale. Tra i due nacque una profonda amicizia che le ha permesso di conoscere molte persone della comunità gay di Los Angeles.
Siamo al culmine del maccartismo, i comportamenti omosessuali erano perseguiti penalmente. Le diagnosi psichiatriche, che parlavano di un disturbo emotivo grave e pervasivo, non sembravano lasciare adito a dubbi.
Testimone dell’odio antisemita nella Germania nazista, discriminata in quanto donna, abituata a conoscere sin da bambina bullismo e emarginazione, ha deciso di agire e iniziare una ricerca per verificare l’ipotesi che non vi fossero differenze tra maschi omosessuali e eterosessuali. Questo le avrebbe permesso di asserire che le persone omosessuali non fossero malate, come si pensava, e iniziare quel lungo iter che ha portato all’eliminazione dell’omosessualità dai disturbi mentali.
Nel 1951 ha sposato in seconde nozze Edward Hooker, da cui ha preso il cognome.
Fino ad allora gli unici studi sull’omosessualità riguardavano modelli animali, nessuno si era spinto a allargare la ricerca su soggetti umani. Ma la tenacia di Evelyn Hooker le ha permesso di ottenere i finanziamenti per la sua ricerca dal National Institute of Mental Health (NIMH) nel 1953 che l’ha sostenuta per otto anni.
Per realizzare il suo studio, Evelyn Hooker si è avvalsa di tre test psicologici progettati per misurare i tratti della personalità e la stabilità psichica ed emotiva: il TAT (Thematic Apperception Test), il MAPS (Make-a-Picture-Story) e il Rorschach. Vennero selezionati sessanta uomini, trenta eterosessuali e trenta omosessuali. Per ridurre al minimo il rischio di distorsioni, Hooker scelse persone con caratteristiche simili accoppiate in base al quoziente intellettivo, all’età e al grado di istruzione. Si è avvalsa della collaborazione della Mattachine Society, una delle prime organizzazioni LGBT della storia. Ogni test veniva compilato in modo anonimo e consegnato a tre psicologi clinici che giunsero, indipendentemente, alla stessa conclusione: non vi era alcuna differenza psicologica misurabile tra i membri dei due gruppi; l’omosessualità come disturbo clinico non esiste, le sue forme sono varie come quelle dell’eterosessualità.
Nonostante alcuni limiti della ricerca, Evelyn Hooker ha tentato, con un approccio rigoroso, di fare affermazioni che hanno fatto da “apri pista” nei testi di psicologia e fornito una base scientifica per le decisioni più importanti in casi giudiziari come i divieti di lavoro a omosessuali in alcune agenzie statali e locali, scuole o dipartimenti di polizia.
In un clima segnato dalla caccia alle streghe del maccartismo, la sua ricerca è una piccola rivoluzione, un seme destinato a germogliare negli anni a venire.
Nel 1967 il National Institute of Mental Health le ha chiesto di dirigere un gruppo di studio sull’omosessualità. Nel rapporto finale, frutto di oltre due anni di lavoro, venne chiesto di eliminare ogni forma di discriminazione – politica, sociale, lavorativa – basata sull’orientamento sessuale.
Le parole chiave di quegli anni erano depenalizzazione e depatologizzazione. Dopo i moti di Stonewall fare finta di nulla non è più possibile.
Evelyn Hooker si è ritirata dall’UCLA nel 1970, ha avviato uno studio privato a Santa Monica diventato subito un punto di riferimento per l’intera comunità LGBT californiana.
Nel 1992, ha ricevuto il Lifetime Achievement Award, il più alto riconoscimento assegnato dall’APA.
Nello stesso anno è uscito il documentario biografico Changing Our Minds: The Story of Dr. Evelyn Hooker, che ottenne una candidatura all’Oscar.
Diventata ormai un’icona dei diritti civili, è morta il 18 novembre 1996 a Santa Monica.
L’omosessualità non ha mai avuto una vita facile, attraversando periodi di accettazione e periodi di patologizzazione. L’aspetto della malattia fonda le sue radici nel medioevo, quando veniva definita “vizio morale”, per poi essere inquadrata come “disturbo mentale” a causa dell’opera di von Krafft-Ebing, “Psychopatia Sexualis”, del 1886, dove veniva affiancata a pedofilia e sadomasochismo. Anche in ambito psichiatrico è rimasta a lungo presente sia nel Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali (DSM III) che nella classificazione internazionale delle malattie ICD-10. Oggi sappiamo, invece, che è una variante naturale del comportamento sessuale e rientra tra gli orientamenti sessuali possibili.
Questo grazie al grande lavoro di Evelyn Hooker diventato la base scientifica, nelle rivendicazioni successive, per poter dimostrare che gli eterosessuali e gli omosessuali sono uguali.
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