Se cerchiamo la vera fonte della danza, se ci rivolgiamo alla natura, allora troviamo che la danza del futuro è la danza del passato, la danza dell’eternità, che è stata e che sempre sarà.
Isadora Duncan è stata l’iconica ballerina pioniera della danza moderna.
Artefice di una radicale rottura nei confronti della danza accademica, è stata la prima ad abolire, nei suoi spettacoli, le scarpette da punta, che considerava innaturali, danzando a piedi nudi, e invece del classico tutù, preferiva indossare abiti semplici e leggeri, che ricordavano il peplo dell’antica Grecia.
Ha dato l’impulso per la creazione di nuove tecniche, diverse da quelle classiche e per una nuova concezione della danza teatrale.
Concepiva la danza come un movimento spontaneo, fluido, libero, basato sul ritmo della natura, sull’onda, andamento su cui si muovono il suono e la luce, una linea ininterrotta che simboleggia la ciclicità e l’energia vitale.
È stata una donna che ha precorso i tempi e vissuto fuori dagli schemi, pagandone tutte le conseguenze.
Nata a San Francisco, il 27 maggio 1877, ultima di quattro figli e figlie, era piccolissima quando il padre aveva abbandonato la famiglia dopo uno scandalo finanziario lasciandoli in una condizione di indigenza. Trasferitisi a Oakland, in California, era cresciuta ascoltando musica classica, sua madre, per sbarcare il lunario insegnava pianoforte. Aveva presto lasciato la scuola per dedicarsi alla danza, insegnava, con sua sorella, a bambine e bambini del posto, per guadagnare qualche soldo.
A New York era entrata in una compagnia teatrale, abbandonata perché non ne condivideva l’impostazione troppo gerarchica.
Mal tollerava le situazioni conformiste e commerciali e negli Stati Uniti non riusciva a trovare la sua dimensione. L’Europa la accolse diversamente. Dopo la prima esibizione a Londra, nel 1900, la sua danza del futuro, ispirata alla plasticità dell’arte greca e basata sul sentimento e sulla passione dettati dalla natura e dalla forza della musica, venne molto apprezzata e divenne di grande ispirazione.
A Berlino, nel 1903, tenne una famosa conferenza sulla danza del futuro, ritenuta un manifesto della danza moderna.
Convinta che l’artificiosità del balletto classico fosse contraria allo sviluppo armonico delle fanciulle, sentiva l’insegnamento come una missione. Ha fondato diverse scuole, due in Germania, una a Parigi, costretta a chiudere quasi subito per lo scoppio della prima guerra mondiale, e una a Mosca, dove era stata chiamata dal commissario del popolo per l’istruzione. Proseguirono l’opera di diffusione delle sue teorie le sue prime allieve, le cosiddette “Isadorables“, sei giovani che aveva adottato ufficialmente.
Ciò che contraddistingue la danza di Isadora Duncan è la sua gioia di vivere, nonostante le peripezie della sua vita. Grazie al movimento naturale si legge tutta la sua arte espressiva, capace di rendere ogni movimento apparentemente semplice, curioso e innovativo.
Libera anche nel suo stile di vita, ha avuto una vita frastagliata, fatta di viaggi, perdite e dolori. Ha avuto tre figli da uomini diversi, di cui due morti annegati in un tragico incidente. Ha sposato, nel 1922, il poeta Sergej Esenin, più giovane di lei di diciotto anni, e avuto anche una breve storia d’amore con la poeta e drammaturga Mercedes de Acosta. Dopo una fugace storia, aveva avuto un altro bambino, anche questo morto prematuramente.
Gli ultimi anni della sua vita hanno visto il declino della sua fama, viveva tra Parigi e Nizza, spesso era ubriaca e aveva gravi problemi finanziari.
La sua morte è rimasta alla storia per la sua teatralità. Una fine tragica e spettacolare, così come era stata la sua vita.
Il 14 settembre 1927 a Nizza, venne strangolata dalla sua lunga sciarpa, che si era impigliata fatalmente nei raggi della ruota posteriore della Bugatti, sulla quale era appena salita. Anche se si è sempre raccontato che, poco prima, aveva salutato gli amici con la famosa frase: «Adieu, mes amis. Je vais à la gloire!», anni dopo, una sua amica ha confidato che ella aveva affermato «Je vais à l’amour», riferendosi a Benoit Falchetto, il conducente dell’auto con il quale stava andando verso il proprio albergo.
Il suo corpo viene cremato e le sue ceneri riposano nel cimitero di Père-Lachaise a Parigi.
Testimonianza del suo passaggio sono rimasti i suoi libri, tra cui si ricordano l’autobiografia My life, del 1927, e The art of the dance, pubblicato nel 1928, dopo la sua morte.
Isadora Duncan ha danzato a piedi nudi, senza limiti, trasgredendo a ogni regola, in un’intensa vita pregna di passione e arte.
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