Venne schedata come sovversiva pericolosa e candidata all’internamento per essersi rifiutata di portare i suoi alunni alle parate militariste, rifiuto che teorizzò sul giornale per cui scriveva, in nome di una scuola umana e universale.
Molto preziosa è stata stata la sua attività politica, sindacale, giornalistica e organizzativa durante la guerra, che avversava con tutte le sue forze.
Ha continuato la sua attività politica anche dopo la marcia su Roma, carteggiando con gli esuli in Italia e all’estero, organizzando riunioni clandestine e adoperandosi in favore dei detenuti politici.
Rifiutatasi di prestare giuramento al fascismo, venne prima sospesa dall’insegnamento e poi licenziata.
È stata al confino per due anni, dal novembre 1926 al 1928, prima alle Tremiti e poi in Basilicata.
Rientrata, nonostante fosse stata ripristinata nei suoi diritti dal Consiglio di Stato, fu costretta a chiedere il pensionamento anticipato e mantenersi con le lezioni private.
Il 25 luglio 1943 venne liberata per essere di nuovo arrestata il 15 novembre e portata alle carceri di Copparo.
Tenuta a pane e acqua, sottoposta a durissimi interrogatori e maltrattamenti, non ha mai fatto i nomi dei compagni di lotta.
È morta di leucemia il 30 aprile 1944.
Prima di spegnersi, al direttore della prigione di Copparo, Antonio Buono, che l’aveva aiutata a passare a un altro socialista una lista di nomi di compagni per ricostruire le file del partito, lasciò questo messaggio: Dica ai miei compagni che sono rimasta fedele al mio ideale.
Il suo funerale si tenne in gran segreto. Per ordine della prefettura nessuno doveva partecipare, per evitare “turbamenti dell’ordine pubblico“.
Il 15 maggio l’edizione bolognese dell’Avanti! le dedicò un articolo intitolato Un grave lutto del proletariato ferrarese, nel quale era scritto tra l’altro: “La consorteria agraria e fascista esulterà soddisfatta per la scomparsa della sua più implacabile accusatrice“.