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Sabine Spielrein, ispiratrice del concetto di pulsione di morte di Freud

Sabine Spielrein psicanalista russa

“Pare sia la prima volta che una psicoanalista viene messa a dirigere un asilo infantile.
Se si insegna la libertà a un bambino fin dall’inizio forse diventerà un uomo veramente libero.”

Sabine Spielrein (1885 – 1942), è stata una psicoanalista russa, una delle prime donne ad esercitare questa professione.

Figlia di un ricco commerciante ebreo, nel 1904 si diplomò a pieni voti al ginnasio. Quell’estate, sofferente di una grave forma di isteria fu ricoverata in un ospedale psichiatrico, nei pressi di Zurigo, dove lavorava Carl Gustav Jung, allora trentenne  che si dedicò con grande dedizione a questa giovane paziente aiutandola a emergere, nel giro di soli otto mesi, dal suo profondo stato di malessere psicotico con schizofrenia e anoressia. Tra i due si stabilisce uno scambio emozionale molto intenso e Sabina, con la sua ampia intelligenza, cattura tutto l’interesse del giovane medico lasciando un segno profondo nella sua vita e nella storia della psicologia analitica.

Ritrovata una nuova spinta vitale, la giovane donna decide di dedicarsi allo studio dell’essere umano. Si iscrive all’Università di Zurigo, dove si laurea in medicina e specializza in psichiatria, nel 1911, scrivendo una tesi originale su Il contenuto psicologico di un caso di schizofrenia, la prima tesi ad avere per argomento questa malattia.

Dopo la rottura della loro relazione, intraprendono una corrispondenza epistolare esclusivamente professionale che dura fino al 1919.
Nel 1909 Sabine Spielrein che allora lavorava come assistente presso la stessa clinica di Zurigo in cui si era curata, aveva intanto incontrato anche Freud, con il quale rimane in corrispondenza professionale fino al 1923.

Sabine Spielrein insegnò Psicologia Infantile nella Seconda Università Statale di Mosca, entrò anche nella Società Psicoanalitica Russa, scioltasi nel 1930, perché la dottrina staliniana non riconosceva dignità scientifica alla psicoanalisi.

A Mosca, con Vera Schmidt, una delle figure principali nel movimento psicanalitico russo, fondò un asilo infantile d’avanguardia, Solidarietà internazionale anche detto Asilo bianco perché aveva mobili e pareti dipinte di bianco. Un luogo dove si educavano bambini e bambine a essere liberi/e. In esso, sperimentarono, con un certo successo, metodi pedagogici derivati dalla loro approfondita conoscenza della psicoanalisi.
Accusato di praticare principi educativi contrari alla dottrina del partito, l’Asilo Bianco venne chiuso dalle autorità sovietiche, nonostante pare che Stalin vi avesse iscritto anche il proprio figlio Vasilij.

Nel 1937, muore sia l’amica e collega, sia uno dei fratelli di Sabine Spielrein, Isaac, psicologo sovietico e pioniere della psicologia del lavoro, deportato e ucciso. Il marito, poco dopo, muore a causa delle “purghe” staliniane. Nel 1941, durante l’occupazione tedesca, la donna, torna a vivere a Rostov sul Don e, quando i tedeschi arrivano, sembra che si sia rifiuta di fuggire, non credendo possibile il genocidio nazista contro gli ebrei. Muore nell’agosto del 1942 nella sinagoga di Rostov, dove i nazisti fucilano sommariamente tutta la popolazione ebrea del paese. Insieme a lei c’erano le sue due giovanissime figlie.

Sabine Spielrein è stata autrice attenta e acuta sia di lavori molto specialistici e dettagliati che di molta scrittura privata: diari e lettere. Dai suoi scritti emerge un percorso esistenziale che ha il coraggio di non trascurare niente della complessa e articolata vita della psiche. Scrittura privata e riflessione teorica sono per lei strumenti di incessante trasformazione e crescita di consapevolezza, e sono rivolti alla ricerca di ciò a cui più lei ambisce: una sana e armoniosa unità tra mondo “istintuale” e realtà.

Le opere sui suoi esperimenti di lavoro con i bambini, ancora oggi vengono studiate nelle nostre Facoltà di psicologia.

Le sue carte e la sua corrispondenza con Jung e Freud vennero in seguito rinvenute e pubblicate. Grazie a questo ritrovamento la sua figura umana e professionale, a lungo ignorata o sottovalutata, salì alla ribalta, grazie anche alla pubblicazione nel 1980 del libro di Aldo Carotenuto “Diario di una segreta simmetria: Sabine Spielrein tra Jung e Freud”.

In esso per la prima volta si faceva esplicito riferimento ad una possibile relazione sentimentale tra la Sabine Spielrein e Jung, e alle conseguenze che detta relazione (in cui Freud rappresentò un terzo elemento esterno ma determinante) ebbe sullo sviluppo del concetto di controtransfert e sull’elaborazione del concetto di pulsione di morte formulato dallo stesso Freud.

Freud la cita esplicitamente in una nota di “Al di là del principio di piacere” (1920) nei seguenti termini: «Buona parte di questi concetti è stata anticipata da Sabine Spielrein (1912) in un suo erudito e interessante lavoro, ma che, disgraziatamente, mi appare poco chiaro. Ella definisce l’elemento sadico della pulsione sessuale come “distruttivo”».

L’articolo di Sabine Spielrein del 1912 pubblicato nello “Jahrbuch”, giornale storico di psicologia dinamica diceva.

Nell’occuparmi di argomenti sessuali un problema mi ha particolarmente interessato: perché l’istinto alla riproduzione, questo istinto potentissimo, insieme alle prevedibili sensazioni positive ne contiene di negative come la paura e la nausea, che devono essere eliminate affinché si possa raggiungere una sua positiva realizzazione? Alcuni hanno notato la frequenza di rappresentazioni di morte legate con desideri sessuali.

Nella mia esperienza con ragazze posso dire che normalmente è la sensazione di paura quella che emerge in primo piano fra i sentimenti di rimozione quando per la prima volta si prospetta la possibilità di realizzare un desiderio, e in effetti si tratta di una forma molto specifica di paura: s’avverte il nemico in se stessi, ed è il nostro stesso ardore amoroso che ci costringe con ferrea necessità a fare qualcosa che non vogliamo; si avverte la fine, la caducità da cui invano vorremmo fuggire verso ignote lontananze.

Ritengo che i miei esempi dimostrino abbastanza chiaramente, come provano alcuni fatti biologici, che l’istinto riproduttivo è costituito anche dal punto di vista psicologico da due componenti antagonistiche ed è perciò altrettanto un istinto di nascita quanto di distruzione.

#unadonnalgiorno

 

 

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