L’armonia è di per sé impossibile senza le differenze.
Combattere i flussi migratori è inutile, nonché criminale. Sarebbe bello imparare a rendere possibile la coesistenza, ma non immagino un futuro roseo per l’Europa.
Agnieszka Holland, pluripremiata regista e sceneggiatrice polacca, rappresenta uno degli sguardi più liberi, acuti e apolidi del cinema contemporaneo.
Due volte candidata all’Oscar, nel 1985, per il Miglior Film Straniero con Raccolto Amaro e nel 1991 per la migliore sceneggiatura non originale di Europa Europa, Miglior Film Straniero ai Golden Globe e al New York Film Critics Circle.
I suoi film hanno spesso indagato temi come famiglia, sessualità, i passaggi delicati e misteriosi tra infanzia, adolescenza ed età adulta. Con forza e grazia resta con discrezione accanto ai suoi personaggi, seguendone i movimenti e le scelte e, al tempo stesso, lasciando uno spazio creativamente aperto e praticabile in un’ambigua e densa sospensione.
Nata a Varsavia, in Polonia, il 28 novembre 1948, da madre cattolica e padre ebreo, la cui famiglia venne sterminata dai nazisti, è cresciuta in un ambiente di attivismo politico critico nei confronti del regime. Quando aveva tredici anni, suo padre, quadro del partito comunista polacco, è morto cadendo da una finestra mentre subiva un interrogatorio. Trasferitasi in Cecoslovacchia, si è diplomata in regia al FAMU, la celebre scuola di cinema e vissuto il periodo della Nová Vlna e della Primavera di Praga. Nel 1970 è stata arrestata come dissidente e solo dopo mesi di interrogatori e torture è riuscita a tornare in Polonia, dove è entrata a far parte del collettivo di cineasti guidati da Andrzej Wajda.
Ha iniziato come assistente alla regia, collaborato a diverse sceneggiature per il cinema e per la televisione e diretto diversi spettacoli teatrali, prima del film che le ha portato il vero successo, Attori provinciali, tra le pellicole manifesto del “cinema dell’inquietudine morale“, premiato dalla critica al Festival di Cannes nel 1980.
Nel 1981, a causa del colpo di Stato, si è stabilita a Parigi e, successivamente, negli Stati Uniti.
Nei film realizzati dopo aver lasciato il paese d’origine, Agnieszka Holland ha continuato a rappresentare personaggi che sentono il bisogno di una via di fuga, in lotta per la realizzazione personale, alla ricerca della felicitàe che alla fine falliscono o sono costretti ad accettare un dubbio compromesso.
Del 1988 è Un prete da uccidere, ispirato dalla storia vera di prete vicino a Solidarność ucciso dalla polizia segreta.
Nel 1992 Olivier Olivier è stato presentato alla Mostra del Cinema di Venezia e l’anno successivo ha diretto Il giardino segreto prodotto da Francis Ford Coppola e collaborato con Krzysztof Kieslowski, alla sceneggiatura della sua trilogia Tre Colori.
Poeti dall’inferno del 1994, girato in Belgio, narra il rapporto devastante fra Paul Verlaine e Arthur Rimbaud, interpretato da un giovanissimo Leonardo DiCaprio.
Con Washington Square – L’Ereditiera, del 1997, ha raggiunto la pienezza del suo stile capace di coniugare la problematicità e lo spessore di uno sguardo europeo con le forme tipiche del cinema hollywoodiano.
In concorso alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2002, ha presentato Julie walking home.
Nel 2008, le è stato reso omaggio con una retrospettiva al MoMA di New York.
Per la televisione ha diretto episodi delle serie televisive The Wire, House of Cards, Cold Case, Treme, The Killing e The First.
Ha scritto o collaborato alla stesura di sceneggiature per film realizzati da altri registi e firmato la regia di alcune commedie per la televisione polacca. Tra i suoi film più recenti ci sono L’ombra di Stalin (2019), Charlatan – Il potere dell’erborista (2020) e The Green Border (2023) Premio Speciale della Giuria alla Mostra del Cinema di Venezia. Il film racconta la tragedia che si consuma nelle insidiose foreste paludose del confine che separa la Polonia e la Bielorussia: le persone rifugiate provenienti dal Medio Oriente e dall’Africa, attirate dalla propaganda che promette un facile passaggio verso l’Unione Europea, si trovano intrappolate in una crisi geopolitica cinicamente architettata dal dittatore bielorusso Aljaksandr Lukašėnko.
L’opera le ha fatto subire un tremendo attacco nel suo paese, da cui è stata praticamente bandita.
Nonostante l’età stia avanzando, questa indomita regista non smette di fare attivismo attraverso la sua arte. L’intera comunità cinematografica si è schierata dalla sua parte.
Invece di trasformare il nostro continente in un continente di crimini di massa, di crimini contro l’umanità, possiamo provare a discutere, a dibattere, per arrivare alla nuova soluzione: come rendere possibile la coesistenza e l’armonia della diversità?
#unadonnalgiorno