Marcella Pedone è una fotografa italiana di 101 anni. È stata tra la prima documentarista freelance a girare l’Italia tra gli anni 50 e 60.
È nata a Roma nel 1919 da genitori toscani, ma ha sempre vissuto a Milano.
Ha raccontato l’Italia del secondo dopoguerra con uno sguardo pionieristico e un approccio antropologico.
A bordo della sua roulotte viveva tra le montagne, con i pescatori e i contadini.
La Ferrania, azienda ligure produttrice di pellicola a colori, le affidò il compito di viaggiare per l’Italia alla ricerca di luoghi da usare nelle sue campagne promozionali.
Con una cinepresa Bell&Howell, Marcella Pedone è entrata nel mondo prettamente maschile della produzione di documentari.
Nelle sue immagini, fisse e in movimento, Marcella Pedone ha mostrato la natura, la società, le feste e le tradizioni dell’Italia del boom economico.
Ha ritratto un’Italia minore, dove ha riconosciuto un forte valore identitario ai riti collettivi, alle manifestazioni legate alla cultura popolare, che ha osservato con attenzione etnografica.
Una vita condensata in 177 mila scatti che ha donato al Museo della Scienza e della tecnologia di Milano, assieme alle sue Rolleiflex, Hasselblad, Mamya e Nikon, con le quali ha lavorato fino ai primi anni del Duemila.
Ogni scatto racchiude una storia.
Andavo da sola anche in posti in cui, all’epoca, per una donna era proibitivo recarsi. Una volta in un paesino lucano le signore del luogo mi invitarono a confessarmi. Sbigottita chiesi perché e loro risposero: “perché porti la macchina da sola”. Per loro era peccato.
Si è inerpicata fino in cima all’Etna, ha scalato le cave di marmo della Toscana assieme ai trasportatori di pietra, ha documentato l’ultima mattanza di tonno in Sicilia e il lavoro nelle risaie del Nord, l’alluvione del Friuli del 1965 e una delle ultime apparizioni di Enrico Mattei.
Sempre da sola, prima in auto e poi in roulotte.
Le case editrici appaltavano i lavori solo agli uomini, le grandi aziende diffidavano di una donna che viaggiava senza un maschio vicino. Se eri femmina e spericolata come me le porte del foto giornalismo si chiudevano. Poco consolava il fatto che tutti, a margine, mi dicessero: “Sappiamo che lei è brava, signorina”.
Non è stato facile lavorare per Marcella Pedone. E forse è anche per questo che le sue foto più belle sono quelle che documentano la fatica delle donne.
Ha ritratto le contadine calabresi che tornavano a casa a dorso d’asino con i bambini addormentati dentro ceste di vimini, le contadine delle Crete senesi che si spaccavano la schiena sotto il sole, le cantanti dei gruppi musicali ambulanti. Ha fotografato le «vedove bianche» e le braccianti del Nord in pieno boom economico.
Il lavoro di Marcella Pedone si distingue per l’attitudine documentaristica, la preparazione rigorosa, lo sguardo antropologico.
Alla natura ha riservato uno sguardo che ha colto la bellezza estetica e insieme la vita più segreta e profonda, documentando la progressiva modernizzazione che ha trasformato i territori.
Il gesto artigiano, l’abilità e la fatica sono al centro degli scatti dedicati al mondo del lavoro, che arrivano a comporre veri e propri ‘reportage’ di notevole valore documentario.
Il lavoro di Marcella Pedone è stato a lungo misconosciuto. A causa della posizione subalterna della fotografia destinata all’ambito editoriale divulgativo rispetto ad altri ambiti più prestigiosi, come ad esempio la fotografia pubblicitaria, ma sicuramente anche a causa della sua condizione femminile rispetto a quella dei colleghi uomini.
#unadonnalgiorno