Per trovare un marito bisognava tacere, asserire, sorridere, non avere un’opinione e io invece discutevo di tutto. L’amore era passare al setaccio tutto quello che accadeva e condividerlo. Amare è poter recuperare una parte di sé da quell’altro che amiamo. Se mi si chiede cosa sono, io rispondo: ‘sono una documentarista’.
Sono convinta che il documentarista è assai più libero del regista di film di finzione, ed è per questo, per la mia indole libertaria con cui convivo fin da bambina, che ho voluto essere una documentarista.
Il documentario è il modo più libero di fare cinema. È una necessità, perché ci mette in condizione di pensare al nostro oggi, di collegarlo al passato e proiettarlo verso il futuro.
Essere una fotografa significa spogliarsi di tutte quelle che sono le nostre idee preconcette e andare in cerca, non della verità, la verità non esiste. È andare in cerca di qualcosa di molto più profondo della verità, qualcosa di assolutamente nascosto e la fotografia, lo rivela.
La mia fotografia è quella della strada in cui si esce dal proprio nido protetto e si va ad incontrare e esprimere gli altri. Nelle strade l’umanità vive, si dibatte, soffre. Tutto questo è a disposizione di chiunque abbia una macchina con un obiettivo.
Cecilia Mangini, regista e fotografa, è stata la prima documentarista italiana.
#unadonnalgiorno