Dal giorno in cui ero stata privata dalla possibilità di essere giudice, agli anni in cui avevo lottato nei tribunali rivoluzionari di Teheran, mi ero sempre ripetuta un ritornello: una interpretazione dell’Islam che sia in armonia con l’uguaglianza e la democrazia è un’autentica espressione di fede, non è la religione a vincolare le donne, ma i precetti selettivi di chi le vuole costrette all’isolamento.
Shirin Ebadi avvocata femminista e pacifista iraniana, è stata la prima donna musulmana premiata col Nobel per la pace nel 2003.
È la presidente della Society for Protecting the Child’s Rights, associazione non governativa impegnata nella difesa dei diritti dell’infanzia.
Nata a Hamadan il 21 giugno 1947, è cresciuta a Teheran, in una famiglia liberale. Suo padre, docente di diritto, non faceva distinzioni tra figli maschi e figlie femmine, questo le ha consentito di laurearsi in giurisprudenza e diventare la prima giudice del paese, nel 1969.
Dal 1975 ha ricoperto la carica di presidente di una sezione del tribunale di Teheran.
Quando Khomeini è salito al potere, nel 1979, venne costretta a dimettersi dal suo incarico, minacciata più volte e arrestata. Le sue dichiarazioni non erano gradite al regime.
Si batteva per strappare le sue connazionali a un oscurantismo in cui il valore della vita di una donna era metà di quello di un uomo e dove una testimonianza femminile in un’aula del tribunale contava la metà di quella maschile.
Solo nel 1992, ha potuto tornare a esercitare la professione difendendo soprattutto donne e persone dissidenti in conflitto con il sistema giudiziario iraniano. È stata spesso parte civile in processi contro membri dei servizi segreti iraniani.
Il suo impegno costante è stato quello di modificare le leggi in favore delle donne, trovando le giuste interpretazioni alla legge islamica.
È rimasta celebre la sua difesa nei confronti della scrittrice Parinoush Saniee il cui bestseller, Quello che mi spetta, romanzo sulla condizione della donna nel paese, venne bandito dalle autorità governative.
Il governo ha cercato di ostacolarla in tutti i modi, ha intercettato le sue telefonate, ha messo sotto sorveglianza il suo ufficio, l’ha fatta pedinare, ha minacciato lei e i suoi cari con metodi violenti e intimidatori, fin quando è stata costretta a cercare riparo all’estero.
Era stata interdetta dall’attività nel 2000, quando ha diffuso un video contenente la confessione di un militante di un gruppo di fondamentalisti islamici, ingaggiato dall’ala conservatrice del governo per spaventare i riformisti con spedizioni violente e intimidatorie e incursioni nelle assemblee e manifestazioni.
La sua ferma e potente opposizione al governo le ha dato la fama internazionale che le ha portato il premio Nobel che, nel 2009, la polizia governativa le ha sequestrato torturando suo marito e sua sorella.
Mi hanno preso tutto, ma mi è rimasta la voce. Saranno le donne a cambiare l’islam e io tornerò a fare l’avvocata in Iran.
Vive in esilio, in un luogo segreto, ma continua a battersi per l’uguaglianza di genere in tutte le parti del mondo dove i diritti delle donne vengono calpestati.
I suoi libri più importanti sono Il mio Iran: una vita di rivoluzione e di speranza, libro autobiografico e importante contributo al difficile dialogo tra Occidente e mondo musulmano.
La gabbia d’oro. Tre fratelli nell’incubo della rivoluzione iraniana. Romanzo che narra la storia di tre fratelli, le cui vicende si intrecciano coi maggiori eventi della storia iraniana nella seconda metà del ‘900.
Finché non saremo liberi. Iran. La mia lotta per i diritti umani, romanzo biografico che racconta la sua storia di coraggio e ribellione contro un potere che le ha portato via tutto, ma che non è riuscito a intaccare il suo spirito combattivo e la sua speranza di giustizia e di un futuro migliore.
Shrini Ebadi è una donna che non si arrende e non si piega a nessuna minaccia. Un grande esempio per il mondo tutto.
#unadonnalgiorno