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Sylvia Rivera e Stonewall

Sylvia Rivera attivista trans simbolo moti Stonewall

La cosa più bella di quella sera fu vedere la rabbia sulle facce delle persone picchiate dagli agenti, avevano il sangue in faccia e sul corpo e non scappavano, tornavano indietro; continuavamo a tornare indietro perché non ci fregava niente di morire. Volevamo lottare per ciò in cui credevamo: era la nostra serata.

Sylvia Rivera è la donna transessuale simbolo dei moti di Stonewall. Fu lei a iniziare la protesta, gettando una bottiglia contro un poliziotto, segnando simbolicamente la nascita del Movimento di Liberazione Omosessuale.

Accadde la notte del 27 giugno 1969, quando la polizia irruppe nello Stonewall Inn, un bar gay nel Greenwich Village, a New York. Le forze dell’ordine erano solite irrompere con violenza nei luoghi frequentati da persone lgbt+ picchiando le persone presenti con accuse di “oscenità”, tra cui baciarsi, tenersi per mano, indossare abiti del sesso opposto, o anche il semplice essersi trovati all’interno del bar nel momento dell’irruzione. Ma quella notte è stato diverso, stanca dei continui soprusi Sylvia Rivera ha iniziato a ribellarsi scatenando una serie di violenti scontri fra gruppi di persone omosessuali e la polizia che andarono avanti per un po’ di tempo.

Alla fine di luglio si formò il Gay Liberation Front (GLF), che per la fine dell’anno comparve in città e università di tutti gli Stati Uniti.

Organizzazioni simili vennero presto create in tutto il mondo.

L’anno seguente, in commemorazione dei moti di Stonewall, il GLF organizzò una marcia dal Greenwich Village a Central Park. Vi presero parte tra le 5.000 e 10.000 persone.

Da allora, molte celebrazioni del Gay Pride in tutto il mondo scelgono il mese di giugno per le parate e gli eventi che commemorano quella che John D’Emilio, storico gay statunitense, definìla caduta della forcina che si udì in tutto il mondo”.

Sylvia Rivera, attivista transgender statunitense di origini portoricane e venezuelane, non ha avuto vita facile sin da piccolissima.

Nata a New York il 2 luglio 1951, venne abbandonata ancora neonata dal padre, sua madre si suicidò dopo pochi anni. Crebbe con la nonna che mal tollerava i suoi atteggiamenti, tanto che a 11 anni si è ritrovata in strada sola e senza soldi. Lì venne a contatto con la comunità delle drag queen. Dopo i moti di Stonewall è diventata attivista, insieme a Marsha P. Johnson, ha fondato lo STAR (Street Transvestite Action Revolutionaries), un gruppo dedicato ad assistere ed aiutare le persone Trans senzatetto, che aveva visto morire giovani per una coltellata o un’overdose. Per mancanza di fondi, dopo qualche anno l’associazione cessò le attività.

Nel 1994, sempre più delusa dall’emarginazione delle persone trans da parte della comunità gay, Sylvia Rivera  decise, durante il venticinquesimo anniversario della rivolta di Stonewall, di mettersi alla testa della marcia “illegale” dei manifestanti respinti dagli organizzatori del Gay Pride (i gay non volevano marciare insieme al NAMBLA, North American Man Boy Love Association).

Una vita vissuta ai margini, fatta di degrado, povertà, discriminazione, in cui ha tentato più volte il suicidio.

Nel 1997 si è unita alla Transy House Collective. Nel 1999 è stata invitata in Italia dal M.I.T.  Movimento Identità Transessuale e ha partecipato al World Pride 2000 a Roma. Nello stesso anno, insieme a altri attivisti/e, riattivò lo STAR.

È morta a New York per un tumore al fegato il 19 febbraio 2002.

Nel 2005, durante il Transgender Day of Remembrance, la città di New York le ha dedicato una strada

#unadonnalgiorno

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