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Marcella Campagnano – La ricerca dell’identità femminile

Marcella Campagnano

La decostruzione del canone femminile disegnato dalla società patriarcale è stato l’incipit della produzione di Marcella Campagnano artista che, sin dagli anni Sessanta, ha utilizzato la fotografia come strumento per registrare il mutamento d’identità nel corpo e nel soggetto femminile.

Nata a Verdello, in provincia di Bergamo, il 24 marzo 1941, si è diplomata in pittura a Brera nel 1965.

Ha esposto i suoi dipinti in Italia e all’estero fino al 1972. Già dal 1968, però, aveva iniziato a usare la fotografia come forma espressiva avvertendo fortemente che la pittura era dominata dagli uomini.

Ha fatto parte del collettivo femminile di Via Cherubini a Milano. Le sue compagne di lotte e di autocoscienza sono state le modelle per la sua prima serie L’Invenzione del Femminile: RUOLI che, iniziata nel 1974, improvvisando un set nel salotto di casa sua, ha costituito una delle più acute intuizioni e uno dei più significativi lavori su identità e la sua relativa rappresentazione nella ricerca artistica degli anni ’70 e nell’arte dell’Avanguardia Femminista.

Le donne che compongono il mosaico sono figure archetipiche, prive di ogni intenzionalità. Lo sguardo di Marcella Campagnano riflette sull’introiezione di questi ruoli, mettendo in rilievo il carattere ambiguo dell’identità come costruzione sociale.

L’alfabeto dei ruoli che contribuisce a creare, in cui il noi non è mai universale ma sempre una relazione di unicità, è ordinato nella struttura sequenziale e nell’uso della griglia: i ritratti sono tutti a figura intera, lo sfondo e lo sguardo delle modelle sono neutri, come neutra (o addirittura inesistente) è la soggettività femminile per lo sguardo patriarcale.

Ha operato un evidente ribaltamento linguistico inserendo il corpo delle donne, travestito ma fortemente consapevole, in un dispositivo che nella sua rigidità cerca di opporsi al reale.

L’invenzione del femminile, è poi proseguita con la serie dal titolo Regalità che esplora il rapporto tra immagine, rappresentazione e costruzione. Ogni fotografia ritrae una donna in una postura regale, imitando i ritratti dei dipinti occidentali, mentre indossa abiti ricchi e dall’aspetto principesco realizzati con materiali riciclati.

Nel 1976 ha pubblicato la serie Donne imagini in cui esplorava ulteriormente i ruoli imposti alle donne.

Non sono una fotografa, la macchina fotografica è solo lo strumento più diretto e immediato che, intorno alla metà degli anni Sessanta, cominciai a utilizzare come una scrittura, per fissare via via i frammenti e i luoghi dell’esperienza e perché stavo maturando l’urgenza di aprirmi e dialogare con le mie simili.

Con le immagini e la mia consapevolezza ho “fatto” femminismo.

La fotografia è stata solo lo strumento che ha registrato la mobilitazione spontanea, partecipata ed entusiastica di decine di amiche che si prestarono allegramente a un gioco di svelamento del proprio essere al mondo, di cui ognuna coglieva la sotterranea induzione da parte di modelli maschili, che da secoli suggeriscono e guidano la nostra possibile o improbabile identità femminile.

Questo scandaglio testimoniava la surreale coesistenza di vita, di quotidianità, mentre nelle vie si consumavano, a volte, terribili agguati mortali.

Tutto questo si riproduceva in modo quasi sconcertante, via per via, negli agglomerati urbani che ancora oggi testimoniano spazi scanditi e assegnati per le emozioni, gli affetti, il lavoro: la coazione a ripetere. Questo ho voluto documentare con le mie foto.

Noi giovani ragazze di allora, anonime nella nostra vita quotidiana, abbiamo voluto lasciare una traccia che la macchina fotografica ha trattenuto ma che avrebbe potuto anche non esserci, poiché l’evento era determinato dai nostri incontri, divertiti ma non carnascialeschi.

Insomma, non si trattava di fare una “nuova arte” ma di trovare la forza e il coraggio di formulare un interrogativo grande come il mondo.

Marcella Campagnano ha deciso da molti anni di disertare quasi completamente la scena pubblica e gli ambienti artistici. Vive a Como in maniera molto ritirata col compagno di tutta la vita, l’artista Augusto Bernardi, da cui ha avuto un figlio, Giulio, che sta gradualmente recuperando e archiviando tutto l’enorme lavoro della madre.

#unadonnalgiorno

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