Karen Blixen è una delle scrittrici più famose del novecento.
Narratrice di atmosfere nordiche ma anche esotiche detiene un posto di gran rilievo nella storia della letteratura mondiale.
Nata con il nome di Karen Christence Dinesen, il 17 aprile 1885 a Rungstedlund, in Danimarca, in casa veniva chiamata Tanne. La sua famiglia era imparentata con la più alta nobiltà del regno. Suo padre era un proprietario terriero dedito alla politica che si suicidò quando lei aveva soli dieci anni, sua madre apparteneva a una famiglia di ricchissimi commercianti. Nella prima parte della sua vita ha vissuto gli agi del suo ambiente privilegiato ma si sentiva differente, sognava altri orizzonti.
Dal 1903 al 1906 ha frequentato l’Accademia di Belle Arti di Copenaghen e poi studiato a Parigi, nel 1910.
Aveva diciannove anni, era il 1904, quando scrisse Storie probabili una raccolta di racconti in stile gotico, piene di spettri, visioni e di casi di possessione. Il libro venne pubblicato quattro anni dopo con lo pseudonimo di Osceola. Con lo stesso nom de plume pubblicò altri racconti pubblicati nella raccolta Gli eremiti e l’aratore.
Nel 1912 visitò Roma con suo fratello. L’anno successivo si fidanzò con il cugino svedese, il barone Bror von Blixen-Finecke, nonostante fosse segretamente innamorata e rifiutata dal fratello di lui.
Karen Blixen aveva un carattere ribelle, sognava di essere altrove, amava sperimentare, vivere intensamente le sue emozioni e desideri, sentiva di non appartenere all’ambiente dei salotti mondani, voleva provare sensazioni reali e autentiche. Fu così che la coppia, infervorata dai racconti di un parente, partì per l’Africa con l’idea di acquistare una fattoria. Appena arrivati, nel 1914, si sposarono e andarono a vivere in una piantagione vicino Nairobi.
Nel 1925, quando divorziarono, il marito lasciò il paese mentre lei continuò a guidare con tenacia la sua coltivazione di caffè. Nel 1931, dopo alcuni anni di stentata sopravvivenza, il mercato del caffè crollò e si vide costretta a chiudere l’attività. Tornata nella casa di sua madre che l’aveva sempre sostenuta e finanziata a distanza, si dedicò prevalentemente alla scrittura, anche se la nostalgia per l’Africa, dove non fece mai più ritorno, non l’ha abbandonata per tutto il corso della sua esistenza.
La prima pubblicazione che l’ha vista affermarsi sul mercato inglese e statunitense, nel 1934, è stata Sette storie gotiche, sotto lo pseudonimo di Isak Dinesen.
Ma il romanzo considerato il suo capolavoro, da cui è stato tratto l’omonimo celeberrimo film, è stato La mia Africa, edito nel 1937.
Il libro, scritto come una sorta di diario intimo, rievoca gli anni africani, il rapporto con la natura e l’ammirazione che nutriva per lo stile di vita dei nativi.
Nel 1940 ha collaborato col giornale di sinistra Politiken come corrispondente da Berlino e l’anno successivo da Helsinki, dove scrisse Lettere da un paese di guerra.
Per molti anni ha anche scritto per la rivista Heretica nella quale ha esposto e dissertato sul suo personale concetto d’arte e cultura.
Malgrado la bruciante nostalgia per il Kenya, Karen Blixen ha passato il resto dei suoi giorni in Danimarca, afflitta da problemi di salute derivati da una malattia venerea, mal curata, frutto dei continui tradimenti del marito.
Negli ultimi anni di vita, in cui non riusciva neppure a stare seduta alla scrivania, ha dettato i suoi romanzi alla sua segretaria che le è stata accanto fino alla fine dei suoi giorni terminati il 7 settembre 1962.
I suoi ricordi africani, le fotografie e le lettere dell’amato Denys Finch Hatton, suo compagno dopo la separazione dal marito, la sua scrivania e molti oggetti personali sono conservati nella sua casa, che, nel 1991, è diventata museo nel grazie agli introiti del film La mia Africa. Vi si possono ammirare anche diversi quadri dipinti dalla scrittrice.
Nonostante diverse candidature al Premio Nobel per la letteratura, Karen Blixen non lo ha mai vinto. Nel 2010, quando sono stati resi pubblici gli archivi della commissione fino al 1960, è emerso che i giurati preferirono scegliere altri scrittori per non suscitare polemiche su presunti favoritismi verso autori e autrici scandinave.
Ernest Hemingway, al momento della consegna del suo premio Nobel, insinuò che avrebbe dovuto essere assegnato anche alla gran signora venuta dal Nord, riferendosi inequivocabilmente a Karen Blixen.
Una particolarità di questa autrice è che lungo tutta la sua carriera ha amato celarsi dietro numerosi pseudonimi: da Isak Dinesen a Tania Blixen fino al mascheramento androgino con le pubblicazioni a nome di Pierre Andrézel. Questo strano, ma non incomprensibile atteggiamento, molte donne per affermarsi nel mondo della cultura negli anni scelsero di appellarsi con nomi maschili, attirò su di lei un gran numero di pettegolezzi, anche relativamente all’originalità dei suoi scritti.
Resta il fatto che tutta la vita di Karen Blixen è il racconto di una fedele ostinazione a compiere fino in fondo il proprio destino, di donna e scrittrice, con la determinazione di chi, solo nell’accettazione profonda della sorte, sa di poter perseguire la tormentata ricerca della felicità.
#unadonnalgiorno