Non volevo diventare un angelo del focolare. Avete accettato ciò che vi era stato trasmesso dai vostri genitori: la religione, i ruoli maschile e femminile, le idee sulla società e la sicurezza. Invece io passerò la vita a farmi domande, mi innamorerò del punto interrogativo. Una donna può essere una regina, ma nel suo alveare, e basta.
Niki de Saint Phalle è stata una pioniera della scultura monumentale. Pittrice, attrice, regista e scultrice femminista.
Nata a Neuilly-sur-Seine, in Francia, il 29 ottobre 1930, era figlia di un’attrice statunitense e un banchiere francese.
Con la famiglia si trasferì a New York nel 1937, cambiò diverse scuole a causa del suo carattere indomito. Pur vivendo negli Stati Uniti, passava le vacanze estive dai nonni in Francia, la sua doppia nazionalità contribuì a farne una cittadina del mondo, poliglotta e con amicizie internazionali.
All’età di 11 anni venne abusata dal padre, la traumatica esperienza verrà alla luce in un libro illustrato pubblicato nel 1994, quando aveva ormai 64 anni.
Le sue inclinazioni artistiche iniziarono molto presto, ha cominciato con la letteratura, ha poi studiato recitazione, posava come fotomodella per riviste come Vogue e Life quando attraccò al mondo del cinema.
Nel 1950 ha sposato lo scrittore Harry Mathews con cui ha avuto un figlio e una figlia. Dopo un paio di anni in Massachusetts, si trasferirono a Parigi, dove ha continuato la sua carriera d’attrice. In seguito a un ricovero in un ospedale psichiatrico, trovò nella pittura la sua terapia e vi si dedicò completamente.
La sua prima personale fu nel 1956 in Svizzera. Nei primi anni sessanta realizzava gli Shooting paintings (Tiri), una serie di azioni durante le quali il pubblico o l’artista stessa sparava con la carabina su dei rilievi di gesso nei quali si trovavano dei sacchetti di pittura, che esplodevano al momento dell’impatto. Spesso si trattava di figure maschili, attribuiva, infatti, a tali spari una funzione terapeutica e una sorta di vendetta nei confronti del padre che l’aveva stuprata.
Nel 1961 ha esposto al Museo d’Arte Moderna di Parigi e grazie alle sue performance artistiche, divenne l’unica donna a fare parte del gruppo dei Nouveaux réalistes.
Dal 1965 ha esplorato la rappresentazione artistica femminile realizzando figure a grandezza naturale che, presero progressivamente consistenza diventando le Nana. Nel 1966, per il Museo Moderno di Stoccolma, ha realizzato Hon/Elle, una gigantesca Nana incinta di 28 metri di lunghezza, 6 metri di altezza e 9 metri di larghezza, stesa sul dorso come in procinto di partorire. Nel seno sinistro dell’opera c’era installato un piccolo planetario e nel seno destro un bar. I visitatori potevano entrare nell’opera passando per la vagina, cosa che suscitò roventi polemiche.
Nel 1971, ha sposato Jean Tinguely, pittore svizzero, dalla loro simbiotica unione, anche artistica, scaturiscono opere eccezionali e originali in giro per il mondo.
Profondamente legata all’Italia, dove ha vissuto i suoi ultimi vent’anni di vita, vi ha lasciato il suo testamento simbolico nel famoso, visionario, spettacolare Giardino dei Tarocchi di Capalbio (1979) opera ispirata al Parco Güell di Gaudí a Barcellona che contiene uno stuolo di monumentali fantastiche creature policrome alte fino a quindici metri che evocano gli Arcani maggiori delle carte dei tarocchi.
Ventidue gigantesche strutture che si ergono nella natura mediterranea in tutta la loro grandiosità esoterica. Un labirinto dell’anima, costruito in vent’anni di lavoro collettivo, un giardino di gioia, un piccolo angolo di paradiso, come lei amava definirlo.
Le sue Nana sono donne forti, ispirate alla sua amica Ciance, giovane russa prosperosa, in sintonia con il suo corpo. Sono infatti figure formose e colorate che rappresentano donne libere, detentrici di potere. Un inno alla femminilità gioiosa, che si esprime fuori dagli schemi, distante da ogni omologazione. Questo esercito di Nana porta la sua lotta di donna libera, che ha occupato uno spazio di soli uomini con il suo particolare stile e sensibilità.
Le Nana così colorate, gioiose e potenti sono l’espressione di un femminismo sorridente, un inno alla body positivity, non sono silhouette magre e emaciate, ma donnone tonde e rubiconde che danzano fiere.
Tra le sue opere più tardive la Fontana Igor Stravinski nella piazza del Centre Pompidou a Parigi.
Niki de Saint Phalle ha partecipato attivamente alla campagna contro l’AIDS e scritto e illustrato un libro dal titolo AIDS: You Can’t Catch it Holding Hands, tradotto in cinque lingue.
Nella sua lunga carriera ha anche scritto e realizzato alcuni film.
È andata via il 21 maggio 2002 a causa di una malattia respiratoria.
Nel 2006 Capalbio, di cui era stata cittadina onoraria, le ha organizzato la prima mostra sulla storia del Giardino dei Tarocchi con documenti inediti.
Nel 2014 le è stata dedicata una grande esposizione al Grand Palais di Parigi, dove, fra gli altri filmati originali riguardanti l’artista, furono proiettati anche quelli che mostravano i celebri Tiri.
Nel 2021 si è svolta al MoMA di New York un’esposizione presentata in due diversi spazi in cui venivano esposti oltre 200 lavori dell’artista.
Volevo il mondo e il mondo allora apparteneva agli uomini.
#unadonnalgiorno