Ricercata con l’accusa di tradimento per aver denunciato pubblicamente le violenze dei militari ai danni di donne e ragazzine, dopo quattro mesi di latitanza l’attivista Gulalai Ismail è riuscita a eludere il divieto di espatrio imposto dalle autorità del Pakistan, e ha raggiunto New York in cerca di asilo politico.
La sua battaglia contro un fenomeno che era, ormai, diventato tragica abitudine è iniziata a gennaio 2019 in occasione di una violenta repressione dell’esercito al confine con l’Afghanistan.
Arrestata per la prima volta nel 2018, dopo aver supportato la denuncia della minoranza Pashtun contro la violazione dei diritti umani da parte di polizia e esercito, l’attivista è stata nuovamente fermata, qualche mese dopo.
È stata costretta a sopportare un trattamento disumano, minacciata, molestata, senza cibo, senza acqua, ma è stato il ritiro del passaporto a dare il via a un incubo da cui non credeva di poter fuggire.
Gulalai Ismail ha iniziato a lottare sin da ragazzina, nel 2002, aveva fondato Aware Girls, associazione che si occupa di promuovere politiche di gender equality.
Grazie a una piccola rete, che ha sempre tenuto a mantenere segreta, è riuscita a fuggire attraverso lo Sri Lanka e a raggiungere l’America, nonostante i tentativi di catturarla siano stati tanti e infidi.
Ma le preoccupazioni non sono finite: i suoi genitori sono rimasti in Pakistan e devono fare i conti con l’accusa di aver finanziato il terrorismo.