Fin dove posso lotto affinché tutti possano vivere bene. Io lotto, scegliendo e cantando belle canzoni perché un giorno si smetta di vivere in un mondo in cui i missili e la fame provocano genocidi.
Mercedes Sosa, la voce dell’Argentina, simbolo della lotta per la pace e i diritti civili contro la dittatura. Amava definirsi cantora popular. Veniva invece chiamata la Madre America, la Pachamama, la voce della terra e La Negra.
Ha raccontato le pene del suo popolo, ha subito arresti, minacce, censure, perfino l’esilio negli anni delle dittature militari. Le furono negati gli spazi in cui esibirsi, i suoi dischi vennero ritirati dal mercato, le canzoni bandite dalle radio, la sua voce messa a tacere.
Costretta a peregrinare per il mondo, quella voce che parlava di violenze, intimidazioni, uccisioni, è arrivata ovunque e, con lei, la storia del suo Paese.
Haydée Mercedes Sosa nacque a San Miguel de Tucumán, il 9 luglio 1935, in una famiglia povera ma felice e molto unita.
“Ricordo molte sere in cui andavamo a letto con il mal di stomaco per la fame. Ho vissuto l’infanzia in una casa povera. Mia madre la prendeva a ridere, ci dava un pezzetto di pane e ci mandava a giocare. Ci nutrivamo d’aria e d’incoscienza. Ci mancava tutto ma era come se non ci mancasse niente”.
Sin da piccola amava la musica, era appassionata di danze popolari. È del 1950 la sua prima competizione canora radiofonica, cosa deplorevole per una ragazzina, secondo suo padre che dovette presto convincersi del contrario visto l’interesse suscitato intorno al talento di sua figlia. Ma è stato l’incontro col suo primo marito, Oscar Matus, chitarrista e compositore a introdurla definitivamente nel mondo dell’arte.
Dal 1960 ha fatto parte del Movimiento del Nuevo Cancionero, un diverso modo di concepire la musica popolare affrontando i temi sociali. Era tempo di immaginare un nuovo mondo, di lottare per una società migliore con parole diverse. E l’arte, la musica, la canzone, la pittura erano i veicoli attraverso cui mostrare questa nuova realtà: libera e democratica, più giusta e solidale. Il movimento avrebbe poi rivoluzionato l’intera America Latina. Fu un’esperienza politica, un canto di protesta sostenuto dal Partito Comunista che dava voce al mondo popolare, con i suoi diritti, valori, cultura e rivendicazioni.
Con l’instaurazione della dittatura militare argentina, la sua musica di denuncia era invisa ai militari, Mercedes Sosa è stata vittima della censura, minacciata, perseguita e infine incarcerata, durante un concerto a La Plata. Nel 1979 è stata costretta all’esilio a Parigi e l’anno dopo a Madrid. Dall’Europa ha dedicato molti brani alla sua patria e alla speranza di cambiamento e di pace e democrazia per gli argentini, come il celebre brano Todo cambia.
Tornata in patria il 18 febbraio 1982, alla vigilia della caduta del regime, si è esibita tredici volte al Teatro dell’Opera di Buenos Aires, tutti i suoi concerti iniziavano con il brano Todavía cantamos, inno alla resistenza e alla speranza.
Mercedes Sosa era diventata il simbolo della resistenza e della speranza, le sue canzoni l’inno delle nuove generazioni alla libertà riconquistata.
Nel 1988 ha realizzato il tour Three Voices, assieme alla grande cantante folk e attivista per i diritti civili Joan Baez. Indimenticabile, in quel tour, il loro duetto di Gracias a la vida, il brano di Violeta Parra che le due musiciste hanno interpretato in maniera magistrale.
Nel 1989 ha ricevuto la medaglia dell’Ordine del Cavaliere delle Arti e della Letteratura, dal Ministro della Cultura Francese. Nel 1992, le è stata conferita la carica di cittadina onorario di Buenos Aires. Innumerevoli le onorificenze e cittadinanze onorarie in tutto il pianeta.
Nel 1997 ha rappresentato l’America Latina e le isole caraibiche, come Vice Presidente della Commissione per la stesura della Carta della Terra: il convegno ha stilato un documento per la Tutela dell’Ambiente equivalente alla Carta dei Diritti Umani.
Nonostante uno stato di salute molto precario, ha continuato a registrare dischi, esibirsi e portare avanti le sue battaglie fino alla fine.
Si è spenta il 4 ottobre 2009.
Il governo, in occasione della sua scomparsa ha adottato un decreto in cui sottolinea che la carriera di Mercedes Sosa fu sempre di grande impegno sociale; il decreto ne esalta lo spirito di solidarietà, l’onestà intellettuale, l’impegno artistico e sociale, la ferrea difesa dei diritti umani e delle giuste cause che negli anni ’70 le causò la persecuzione della dittatura, la prigione e l’esilio fino al suo ritorno nel 1982.
Mercedes Sosa era una donna che detestava salire su un palcoscenico, ma che una volta lì aveva il potere di ammaliare e tenere in scacco qualunque platea. Una voce che conserva la memoria indigena e insieme l’Argentina che protesta coraggiosa e lotta contro le ingiustizie.
Icona di tante battaglie sociali e politiche, la sua musica è risuonata in ogni dove, dalle osterie fino ai grandi palchi di tutto il mondo.
#unadonnalgiorno